00 14/01/2009 23:19
Il pop suona sempre due volte


di Alberto Dentice

James Taylor canta Elvis. Battiato rifà De André. E i Radiohead Neil Young. E' il boom delle cover, cioè i pezzi reinterpretati La musica pop divora se stessa. Anche in questo campo, come in altre forme di arte e spettacolo, più passa il tempo e più diventa raro imbattersi in qualcosa di nuovo. Forse anche per questo, da qualche anno in qua molti artisti di chiara fama si sono lanciati sulle cover. Franco Battiato, James Taylor, Marianne Faithfull, Luca Carboni solo per citare gli esempi più recenti, hanno sfornato nuovi album reinterpretando brani composti da altri autori, 20, 30 o anche 50 anni fa. Capolavori di tre minuti come 'Suzanne' di Leonard Cohen o 'Era d'estate' di Sergio Endrigo, talmente incantevoli anche in questi nuovi remake, da suscitare la sensazione che la canzone d'autore abbia un grande futuro dietro le spalle. Ma forse non è così: volgere lo sguardo indietro oggi non è il segno di mancanza di ispirazione, ma corrisponde piuttosto a una necessità diffusa in un'epoca di massima velocità e smemoratezza come la nostra: quella di fermare il tempo.

I classici evergreen, lo dice la parola stessa, hanno il potere di non invecchiare. Ma questa magia "più forte della morte", avrebbe detto Jean Tinguely, non è scontata. Il miracolo si compie solo quando qualcuno riesce a illuminarli di luce nuova, filtrandoli attraverso una sensibilità contemporanea. Se no, tanto vale, tenersi gli originali. Capita di rado infatti che un remake riesca a soppiantare nell'immaginario collettivo la versione primigenia. Due esempi: 'Because the Night' cantata da Patti Smith (l'originale è di Bruce Springsteen) oppure 'Estate', il meraviglioso standard di Bruno Martino portato ai vertici del successo e dello chic nella sofisticata versione 'bossa' sussurrata da Joao Gilberto. Ma restano eccezioni. Il destino che spetta alle belle canzoni, sciolto il vincolo con i loro autori, oltre a quello di essere fischiettate sotto la doccia (segno ambito di inequivocabile popolarità) è di sopravvivere nel circuito dei piano bar, di resistere alle storpiature da karaoke nelle feste di compleanno o di ritrovarsi sparate in tv, nelle versioni liftate e siliconate proposte dai concorrenti di 'X Factor'.


Svanire o rinascere. Tutto, a questo punto, dipende dall'interpretazione. Non basta infatti vantare un pedigree di lungo corso. L'ultima cover è quella che conta. Ascolti James Taylor che canta un classicone come 'Hound Dog', reso famoso da Elvis negli anni Cinquanta, e scopri che l'arrangiamento per chitarra, basso, batteria, fanfare e cori gospel si ispira alla prima versione rhythm 'n' blues di Big Mama Thornton. E che in questo gioco di specchi il passato e il presente si danno la mano scivolando verso il futuro in virtù di una interpretazione che riesce a rigenerarne con spirito attuale l'antica magia. Il gioco continua nel resto del repertorio: che va da 'Summertime Blues' di Eddy Cochran, a 'On Broadway' di Lieber-Stoller, da 'Not Fade Away' di Buddy Holly alla bella 'Suzanne'.

Ed è un gioco che funziona al punto che alla fine hai l'impressione che queste canzoni le abbia scritte lui. E infatti: "Suonare canzoni di qualcun altro significa risettarle musicalmente sulla mia lunghezza d'onda", spiega James Taylor: "Un lavoro impegnativo quanto scrivere una nuova canzone. Nei miei spettacoli ho sempre inserito almeno un paio di cover. Gli arrangiamenti si sono affinati nel tempo in modo fluido e naturale. Alla fine non ho dovuto fare altro che selezionare quelle che ritenevo degne di finire su disco e registrarle in uno studio, dal vivo, con i fantastici musicisti che hanno condiviso il progetto".

Un altro album di cover è quello che ha segnato il ritorno di Marianne Faithfull, dopo diversi anni di silenzio discografico. Il titolo: 'Easy Come, Easy Go', sottolinea l'estrema naturalezza con la quale Miss Faithfull indossa queste 18 canzoni, cucite sulla sua voce come un abito su misura da uno stilista della 'haute couture' musicale del calibro di Hal Willner. Il repertorio spazia da gloriosi reperti anni Quaranta come 'Solitude' di Duke Ellington a blues di liquida bellezza come 'Sing Me Back Home' di Merle Haggard, a classici contemporanei come 'Dear God Please Help Me' di Morissey o 'How Many Worlds' di Brian Eno. "Ho scoperto che le canzoni più belle somigliano a brevi, folgoranti sceneggiature", racconta la Faithfull: "Per interpretarle è necessario immaginarsi un personaggio e calarsi nei suoi panni, proprio come fanno gli attori".

Tra i musicisti che partecipano con la Faithfull alla confezione di questi struggenti mélo troviamo anche beniamini del pubblico giovane come Rufus Wainwright, Nick Cave, Sean Lennon, Jarvis Cocker (Pulp). Segno evidente che i predatori dell'arca del pop non si annidano solo tra gloriosi artisti di mezza età con l'ispirazione in riserva. Perfino band di massimo culto contemporaneo come i Radiohead hanno registrato di recente cover di Neil Young ('After the Golden Rush') e dei Joey Division ('Ceremony'). Ognuno ha i numi tutelari che si merita. Daniele Silvestri venera Paolo Conte. E il suo remake di 'Una giornata al mare' dimostra come una bella canzone di una certa età possa tornare a sorprendere con i suoi lampi di ritmo e di poesia se illuminata da un artista che ci sa fare. Mentre i salentini Negramaro hanno scelto di aprire il doppio album 'San Siro Live', registrato quest'estate durante il trionfale tour negli stadi, con 'Meraviglioso', un omaggio al grande Domenico Modugno, Mister Volare autore della canzone italiana più eseguita del mondo e tutt'oggi campione di incassi secondo la classifica Siae. Seguono a ruota 'Caruso' di Lucio Dalla, 'Con te partirò' di Andrea Bocelli, 'Quando quando quando' di Tony Renis e così via fino ad 'Azzurro' di Paolo Conte che chiude la top ten dei re Mida della canzone italiana.

Ma la novità non sono le singole cover infilate come un prezioso cammeo nella scaletta di un concerto. La novità è che diversi artisti di peso abbiano scelto di pubblicare, uno dopo l'altro, album di sole cover. E con risultati del tutto inaspettati fino a poco tempo fa. L'anno scorso gli Avion Travel con 'Danzon Metropoli', un album magnifico tutto concentrato sul mondo poetico di Paolo Conte tra lampi di chitarre elettrica e reminiscenze eduardiane. Poi Bryan Ferry con il suo 'Dylanesque', interamente composto da cover di Bob Dylan. E infine Morgan con 'Non al denaro, non all'amore né al cielo', non un disco di cover, ma addirittura la cover di un disco: il capolavoro di Fabrizio De André del 1971. Adesso Franco Battiato che torna ad affacciarsi alla hit parade con l'album 'Fleurs n 2', in cui rivisita con la consueta eleganza classici anni Sessanta come 'Canzone dell'amore perduto' di De André, 'Et Maintenant' di Gilbert Bécaud o la beatlesiana 'Ruby Tuesday'. "Un pretesto per cercare di riappropriarmi del periodo più felice della musica leggera", lo definisce il cantautore siciliano, convinto che certe canzoni siano state tasselli fondamentali della formazione etico-musicale della sua generazione. Mentre in 'Musiche ribelli', l'album di Luca Carboni in uscita il 16 gennaio, è proprio una cover di Battiato, 'Up patriots to arm', a segnare il passaggio del testimone. "Ho voluto rendere omaggio ai cantautori anni Settanta che mi hanno preceduto insegnandomi la forza delle parole", ha spiegato l'artista bolognese. Tra le cover reinterpretate in stile 'carbonaro' e gusto minimalista: 'Ho visto anche degli zingari felici' di Claudio Lolli, 'Eppure soffia' di Pier Angelo Bertoli, 'L'avvelenata' di Francesco Guccini.

Nel frattempo qualcuno ha capito che a colpi di cover si possono fare anche dei magnifici film. Basti pensare ad 'Across the Univers', a 'I'm Not There' a 'Mamma mia'. Pellicole che reiventano una storia legando assieme le micro storie racchiuse nelle canzoni dei Beatles, di Bob Dylan e degli Abba. Con nuovi arrangiamenti e nuovi interpreti: i Calexico per 'I'm not There', una squadra di formidabili artisti per 'Across the Universe' e 'Mamma mia'. Così anche le canzoni più famose si rinnovano e acquisiscono nuovo senso, con uno sguardo al passato. Ma soprattutto uno al presente.
(02 gennaio 2009)


da: espresso.repubblica.it/dettaglio/Il-pop-suona-sempre-due-volte/205...
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