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Il Sole-24 Ore
3 giugno 2007
Tutti i peccati di Prodi & C.
di Piero Ignazi

Questo è un tipico librocactus. Dovunque lo si prenda punge,fa male.Ce n'è per
tutti sotto la penna sferzante di Gianni Barbacetto:per lasinistra e la destra,
per imprenditori e sindacalisti, per Berlusconi e D'Alema,per l'Unipole la
Telecom.Con autentico spiritobipartisan l'autore picchia duro, durissimo su
tutti a incominciare dal suo, probabile, governo amico sul quale si scalda i
muscoli andando alla ricerca del mistero (in)glorioso della liquefazione del
consenso in sei mesi. I peccati di cui si sono macchiati Prodi & c. sono
innumerevoli per Barbacetto, dall'impresentabilità di membri del governo e
compagni di viaggio alle promesse non mantenute, dalla sordità ai problemi
sociali all'indifferenza per il rispetto (e ripristino) della legalità, dal
balletto delle tasse al fuori tutti dell'indulto, e via sacramentando. Ma c'è
un peccato che non gli va proprio giù, ed è l'inerzia nello smantellamento
delle leggi vergogna approvate dal governo Berlusconi. Qui affiora una vena
polemica tranchant, propria di chi non ammette incertezze né ripensamenti sul
piano della legalità e nutre un orrore primigenio per ogni sospetto di
"inciucio". Poiché le malefatte della destra sono "date per scontate" il pregio
maggiore di questo pamphlet sta nello sbertucciamento dei vizi più o meno
nascosti della sinistra, soprattutto sul terreno dell'economia. La
ricostruzione della vicenda Unipol e dello sponsoring indiretto quanto
maldestro dei Ds verso la "loro"compagnia di assicurazione nonché, pur più
velatamente, verso i furbetti del quartierino, rivela un desolante intreccio di
gelosie, diffidenze, ripicche, dabbenaggini e superficialità tutto interne al
centrosinistra e ai Ds. E che dire delle faide siciliane dove onorati militanti
comunisti tutti d'un pezzo, si ritrovano nell'occhio del ciclone accusati di
corruzione e collusioni mafiose da altri compagni di partito dando vita a una
faida interna che i dirigenti regionali diessini non riescono a sedare?
In effetti, è proprio quando Barbacetto indaga sulle connessioni tra politica
mafia e affari che si offrono al lettore informazioni inedite o comunque
lontane dai riflettore del dibattito mediatico. In questo mondo Babacetto
ritrova un suo vecchio protagonista delle sue inchieste, il senatore a vita
Giulio Andreotti. Opponendosi alla beatificazione imperante Barbacetto ricorda
con tono pacato, quasi rassegnato, che il senatore Andreotti non è stato
assolto per reato di associazione per delinquere, in quanto riconosciuto
colpevole fino alla primavera del 1980; solo che per reati commessi fino a
quella data è intervenuta la prescrizione. E a conferma Berbacetto riporta uno
stralcio della sentenza della Corte d' Appello dove si legge che «Andreotti,
con la sua condotta (non meramente fittizia) ha, non senza personale
tornaconto, consapevolmente e deliberatamente coltivato una stabile relazione
con il sodalizio criminale e arrecato, comunque, allo stesso tempo un
contributo rafforzativo manifestando la sua disponibilità a favorire i
mafiosi». E come se non bastasse arriva la testimonianza da parte di un
sovraintendente di Polizia sullo stupefacente incontro del senatore con il boss
mafioso Andrea Manciarancina all'hotel Hopps di Marsala, il 19 agosto 1985. Al
processo,Andreotti ammette l'incontro sostenendo che avevano parlato di
problemi della pesca.( sic!). Ha ragione Barbacetto: i "compagni" che hanno
sempre perdonato tutto al divo Giulio, sbagliano, eccome se sbagliano; su
questa come su un sacco di altre cose.

Gianni Barbacetto, «Compagni che sbagliano», Il Saggiatore, Milano, pagg. 286,
euro 15,00.



INES TABUSSO