00 12/04/2007 13:34
CORRIERE DELLA SERA
12 aprile 2007
ABU OMAR, PM ALL'ATTACCO: VIE LEGALI CONTRO IL GOVERNO
GIOVANNI BIANCONI

Potrebbe finire addirittura in tribunale, oltre che davanti alla Corte costituzionale, il conflitto tra l'Avvocatura dello Stato — braccio legale del governo — e i pubblici ministeri che indagano sul sequestro di Abu Omar. Dopo aver letto le anticipazioni del ricorso alla Consulta contro la loro inchiesta, i procuratori aggiunti di Milano Ferdinando Pomarici e Armando Spataro hanno annunciato l'intenzione di ricorrere ad «ogni azione legale a tutela della correttezza del proprio operato e onore professionale».
In un comunicato i due magistrati spiegano che «secondo quanto pubblicato dal “Corriere della Sera”, nell'atto con cui il governo ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Procura si attribuirebbero ai pm milanesi, tra l'altro, forzature e pressioni nei confronti degli indagati, con atteggiamenti prevaricatori nei loro confronti»; accusa che Pomarici e Spataro respingono, ricordando che «tutti gli interrogatori sono avvenuti in presenza dei difensori degli indagati», e riservandosi «ogni azione legale nei confronti di tutti i responsabili di tali affermazioni».

Tra le varie accuse che l'Avvocatura muove — per conto del governo — agli inquirenti milanesi per dimostrare come siano stati «poco rispettosi del segreto di Stato» c'è la «linea di condotta di forzare gli indagati a rispondere anche quando la risposta avrebbe comportato la violazione di un opposto segreto», definita in un altro passaggio «non commendevole pressione esercitata dal pm sugli indagati». E ancora: «La procura milanese avrebbe prevaricato gli indagati-imputati contestando l'esistenza stessa di un segreto di Stato e insistendo, in più occasioni, per convincerli a violarlo nell'esercizio di un diritto di difesa la cui valenza, pur di rilevanza costituzionale, non può compararsi con i supremi interessi dello Stato tutelati dal segreto, così arrogandosi una prerogativa di rimozione del segreto che è solo del presidente del Consiglio».

I magistrati ovviamente la pensano all'opposto. Non foss'altro perché agli atti dell'inchiesta hanno una lettera dell'ex direttore del Sismi Pollari, del luglio scorso, in cui il generale «ha specificato che la determinazione del Sismi di non opporre il segreto di Stato sulla vicenda del sequestro (di Abu Omar, ndr) è stata ripetutamente asseverata dall'autorità di governo».
A difesa dei procuratori milanesi si sono già mossi i rappresentanti «verdi» al Consiglio superiore della magistratura, chiedendo l'apertura di una «pratica a tutela» contro i «pesantissimi giudizi, in larga parte politici, sull'attività dei pm» contenuti nel ricorso dell'Avvocatura dello Stato. Il riferimento è al «sensibile danno recato all'immagine del governo italiano sotto il profilo della politica internazionale» descritto nell'atto depositato alla Consulta, nonché al «rischio concreto di "ostracismo informativo"» cui sarebbero ora sottoposti i Servizi segreti. Sempre a causa dell'inchiesta.
Contro queste considerazioni si schiera il ministro delle Infrastrutture Di Pietro, sostenendo che gli avvocati dello Stato «fanno politica, e sono andati molto oltre il mandato deciso dal governo, col mio voto contrario. La magistratura di Milano ha fatto solo il suo dovere. Chiederò al presidente Prodi di esortare l'Avvocatura a rispettare il mandato ricevuto, ritirando dall'atto di citazione la parte di considerazioni politiche».

E Milziade Caprili, vicepresidente del Senato nonché componente del comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti per Rifondazione comunista, accusa: «Le argomentazioni sul presunto danno arrecato all'immagine dell'Italia non sono per nulla condivisibili; semmai il discredito nasce nel momento in cui in un Paese come il nostro vengono eseguite le cosiddette extraordinary renditions ». Cioè i sequestri di presunti terroristi come era Abu Omar, inquisito dalla stessa magistratura che ora si appresta a processare gli uomini dei servizi italiano e americano accusati di averlo rapito in una strada di Milano, il 17 febbraio 2003. Ricorso alla Corte costituzionale permettendo.


*****************************************************************




Abu Omar, procura Milano contro governo: interrogatori regolari

MILANO (Reuters) - I magistrati della procura di Milano precisano oggi che gli interrogatori degli indagati nell'inchiesta sul sequestro dell'ex imam di Milano Abu Omar sono avvenuti in presenza dei difensori e si riservano azioni legali per tutelare il loro operato.

In un comunicato, i magistrati Armando Spataro e Ferdinando Pomarici rispondono così alle accuse di aver "forzato" gli interrogatori, citate oggi dal Corriere della Sera e che sarebbero contenute nel ricorso con cui l'avvocatura dello Stato ha chiesto alla Corte Costituzionale l'annullamento del rinvio a giudizio dell'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e altri 32 imputati, avvenuto nel febbraio scorso.

"Ove ciò rispondesse al vero [le frasi nel ricorso citate] i sottoscritti, nel sottolineare che tutti gli interrogatori sono avvenuti in presenza dei difensori degli indagati si riservano nei confronti di tali affermazioni ogni azione legale a tutela della correttezza del loro operato", si legge in una dichiarazione.

Secondo il governo, la Procura milanese, che indaga sul sequestro illegale dell'ex imam egiziano - sospettato di essere un militante di gruppi islamici eversivi, e prelevato a Milano nel 2003 da una squadra del servizio segreto Usa, secondo l'accusa - avrebbe violato le "prerogative di secretazione" dello stesso esecutivo, attingendo a materiale coperto dal segreto di Stato e intercettando agenti dei servizi.

Nel ricorso presentato, dicono le fonti, l'Avvocatura dello Stato, che rappresenta il governo, afferma in sostanza che il giudice per l'udienza preliminare non avrebbe potuto decidere il rinvio a giudizio degli imputati - tra cui 26 agenti americani e l'ex capo del Sismi, Niccolò Pollari - sulla base di documenti ottenuti con la violazione del segreto.


© Reuters 2007. Tutti i diritti assegna a Reuters.




*****************************************************************




IL GIORNALE
12 aprile 2007
Abu Omar, il «pm» Di Pietro accusa anche il suo governo
di Anna Maria Greco

Roma - Sul caso Abu Omar, per il ministro Antonio Di Pietro, l’Avvocatura dello Stato «fa politica». Nel ricorso fatto alla Corte costituzionale su incarico del governo, avrebbe «travalicato il suo mandato».
Il leader dell’Italia dei Valori e titolare per le Infrastrutture attacca l’Avvocatura dello Stato, ma in realtà ha nel mirino lo stesso governo di cui fa parte. E appare paradossale che chieda al premier Romano Prodi di intervenire sull’organo che sostiene le sue ragioni costituzionali, come se avesse agito autonomamente.
Quelle dell’Avvocatura dello Stato, afferma Di Pietro, sono «considerazioni politiche irrituali e non autorizzate dal Consiglio dei ministri». Lui ha votato contro la decisione di sollevare di fronte alla Consulta il conflitto tra poteri dello Stato, contestando ai magistrati di Milano la violazione del segreto di Stato nelle indagini sul rapimento dell’imam da parte della Cia. Ma il governo ha voluto diversamente. E ora, l’ex pm di Mani Pulite che ha lasciato la toga per la politica, difende i vecchi colleghi. Come fanno esponenti della sinistra estrema, dal Prc ai Verdi e non solo.
L’Avvocatura, dice Di Pietro dopo l’anticipazione del Corriere della Sera di stralci del documento, doveva «chiedere alla Corte fino a che punto si deve spingere il diritto dello Stato ad apporre il segreto e fino a che punto si può spingere il diritto della magistratura a investigare». Ma è andata molto oltre, sostenendo che la vicenda «avrebbe minato la credibilità internazionale dell’Italia, che la magistratura avrebbe arrecato un sensibile danno all’immagine del governo e avrebbe violato il principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato». Per Di Pietro, a minare la credibilità dell’Italia non sono stati i magistrati, che hanno fatto il loro dovere, ma gli agenti stranieri «venuti nel nostro Paese a sequestrare una persona» e soprattutto chi non li ha fermati, ma gli ha anche «dato una mano». Cioè gli agenti del Sismi, a incominciare dall’ex direttore Niccolò Pollari, ora rinviati a giudizio con gli 007 americani. Il segreto di Stato, per il ministro, è solo «un escamotage per coprire il comportamento dei nostri servizi segreti». I pm, ricorda, hanno chiesto l’autorizzazione a indagare e non hanno avuto alcun veto. «Non esiste - dice Di Pietro - alcun atto scritto di apposizione del segreto». A questo punto, Prodi dovrebbe far ritirare all’Avvocatura la parte dell’atto di citazione con le considerazioni politiche.
Gli attacchi al governo sul caso Abu Omar non finiscono qui. Sulla stessa linea di Di Pietro un altro protagonista di Tangentopoli, l’ex procuratore di Milano, ora parlamentare dell’Ulivo, Gerardo D’Ambrosio. «Se esisteva un segreto di Stato - dice - ci potevano pensare prima, non quando l’inchiesta è ormai finita». E nega i «presunti danni» derivati dai rapporti tra intelligence italiana e straniere. Il presidente della commissione Giustizia del Senato, il Ds Cesare Salvi si è detto favorevole alla Commissione d’inchiesta sui rapimenti degli italiani, purché il segreto di Stato venga tolto anche sulla vicenda dell’imam. Milziade Caprili del Prc parla di «inaccettabile subalternità ad alleanze internazionali» e la verde Tana de Zulueta ricorda che l’Europarlamento e il Consiglio d’Europa si sono congratulati con la Procura di Milano per «l’indipendenza dimostrata e la qualità dell’indagine che ha contribuito a fare luce sulla pratica illegale delle “consegne speciali”».








[Modificato da INES TABUSSO 12/04/2007 13.41]

INES TABUSSO