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L'UNITA'
25/2/2007
Int. a ALEXANDER STILLE
Alexander Stille: «La crisi? Frutto avvelenato del sistema»
Umberto De Giovannangeli

«L'inaffidabilità degli elementi più radicali della sinistra è l'effetto e non la causa della instabilità in cui è costretto a muoversi Romano Prodi. La fonte primaria dell'instabilità in Italia è un sistema elettorale che non funziona». Inizia così il nostro colloquio con Alexander Stille, scrittore, giornalista americano.

La crisi politica italiana vista dall'America. Qual è la sua valutazione?
«Al di la della vicenda specifica su cui il Governo Prodi è caduto al Senato, questa crisi è il frutto velenoso, ma in qualche modo prevedibile, di un sistema elettorale che non funziona. L'ultimo "regalo" di Berlusconi all'Italia è stata una legge elettorale devastante per la governabilità, moltiplicatrice della frammentazione partitica. Una legge fatta a posta per consegnare al Paese una maggioranza molto frammentata, e i risultati si vedono…».

Il centrodestra esulta…
«E fa molto male. Perché lo stesso sistema renderebbe anche a loro molto difficile governare. Se Berlusconi non è riuscito a fare tutte le grandi riforme di cui ha sempre parlato e di cui poco si è visto, è anche perché c'era una maggioranza di centrodestra altrettanto divisa. L'Italia sta diventando un Paese poco funzionale dal punto di vista politico rispetto agli altri grandi Paesi dell'Europa. La crescita zero che l'Italia ha sperimentato sotto Berlusconi è una delle tante riprove. L'Italia è in coda rispetto a tante cose in Europa: ricerca scientifica, il tasso di popolazione giovanile che va all'università, ha problemi per ciò che concerne il sistema pensionistico, e si potrebbe continuare a lungo in questo elenco deficitario. Sono tutte questioni, alcune vere e proprie emergenze, che richiederebbero una politica coerente e un governo con un minimo di stabilità. C'è un fatto che trovo particolarmente deprimente e preoccupante…».

Quale, professor Stille?
«Mi ha colpito la strana coincidenza tra la recrudescenza delle Brigate Rosse, gli arresti, il ritrovamento di un arsenale di armi e di piani terroristici, e questa crisi. Leggere di Br nel 2007, quando erano finite nei primi anni 80, è come vivere in un Paese in cui il passato non è mai passato. In Italia si continua a litigare su fascisti-comunisti, varrebbe la pena chiedersi perché…».

E qual è la sua risposta?
«Parte del problema è proprio la legge elettorale. Con una legge in cui qualsiasi partitino, con quattro gatti ultra neocomunisti, o ultraneofascisti o ultra qualsiasi cosa, riesce a condizionare la vita di un governo, si finisce che la politica diventa il casino che è diventata».

Vista dall'America, quale immagine ha dato di sé la sinistra italiana?
«Un’immagine molto negativa, che va al di là delle responsabilità reali. Dà una pessima impressione anche se l'operato del governo Prodi su molte questioni, a cominciare dalla politica estera, è stato positivo, ma alla fine se si vede il disaccordo scatta il disamoramento e si attiva una crisi di rigetto. Purtroppo i partiti del centrosinistra sembra abbiamo dimenticato la tragedia degli anni di Berlusconi».

C'è una lezione che la sinistra italiana potrebbe trarre dai Democratici americani?
«Forse puntare di più sulle donne e sul rinnovamento generazionale, ma alla fine non credo che sia un problema di "lezioni". In fondo, sul piano delle scelte operate su singole questioni, la politica del Governo Prodi è stata piuttosto ragionevole, equilibrata. Il problema è istituzionale. Le cose che propongono Prodi e il governo di centrosinistra non sono politicamente molto lontane da ciò che propongono i Democratici americani: il multilateralismo in politica estera, la priorità ambientale, l'attenzione verso le fasce sociali meno garantite, la centralità della formazione e della ricerca per le nuove generazioni. Ciò che fa la differenza è il contesto istituzionale…».

Per concludere, se lei dovesse dare un consiglio a Prodi, gli direbbe di mettere ai primi posti nell'agenda del governo la riforma elettorale?
«Direi proprio di sì. Non mi sfugge che per Prodi sarà molto complicato, perché potrebbe determinare nuove tensioni tra i partiti del centrosinistra. Comprendo le difficoltà, ma gli consiglierei di non restarne prigioniero. Se non si affronta di petto la riforma elettorale, il governo strapperà anche la fiducia, ma sarà condannato a barcamenarsi, a vivere alla giornata».



INES TABUSSO