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L'ESPRESSO
22 febbraio 2007
007 licenza di rapire
di Peter Gomez

Governo contro Procura di Milano. E il sospetto che si voglia bloccare l'inchiesta su Abu Omar. Parla l'ex pm ora senatore dell'Ulivo. Colloquio con Gerardo D'Ambrosio
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Parla di decisioni "politicamente e giuridicamente sbagliate". Dice che queste scelte si traducono "di fatto in un attacco a due magistrati, come Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, colpevoli solo di aver fatto il loro dovere". Spiega come certe prese di posizione "legittimino il sospetto da parte di cittadini che il governo tolleri le operazioni condotte dai servizi segreti al di fuori della legge". E si chiede se dietro il caso Abu Omar, l'imam sequestrato nel 2003 da un commando della Cia, non si nasconda "qualcosa di molto grave" che giustifichi questo atteggiamento.
Il senatore dell' Ulivo Gerardo D' Ambrosio il mondo degli 007 lo conosce davvero da vicino. Correvano i primi anni '70, quando lui e il suo collega Emilio Alessandrini misero sotto inchiesta Guido Giannettini per la strage di piazza Fontana e si trovarono a dover chiedere se il giornalista di estrema destra fosse o meno un collaboratore dei nostri servizi. Giannettini lavorava per il Sid, come ammise anche Giulio Andreotti in un intervista poi ritrattata, ma il processo, scandalosamente trasferito dalla Cassazione a Catanzaro, si concluse in appello con una assoluzione per insufficienza di prove. Quell'indagine fu comunque alla base dell'ultima riforma delle barbe finte italiane e di una succesiva legge del 1988 che sembrava aver disciplinato definitivamente tutta la materia relativa al segreto di Stato. Poi, però, due spioni di rango, con rapporti politici assolutamente bipartisan, come l'ex capo del Sismi Niccolò Pollari e il suo braccio destro, Marco Mancini, si sono ritrovati accusati di aver dato una mano agli americani della Cia nel rapimento di Abu Omar e il governo Prodi ha reagito come se alla testa dell'esecutivo ci fosse ancora Silvio Berlusconi. Il ministro della Giustizia Clemente Mastella si è rifiutato di chiedere l'estradizione degli 007 Usa imputati per il sequestro e Palazzo Chigi si è rivolto alla Corte costituzionale sostenendo che la Procura di Milano ha violato il segreto di Stato intercettando alcuni telefoni del Sismi e acquisendo così "elementi informativi" su 85 agenti. Se la Consulta riterrà legittimo il ricorso, il processo verrà con tutta probabilità sospeso. E se, tra molti mesi, lo accoglierà, tutte le intercettazioni andranno al macero, rendendo scontata, o quasi, l'assoluzione di Pollari e degli altri imputati italiani.


Senatore D'Ambrosio lei fino al 2002 è stato procuratore della Repubblica di Milano, oggi fa parte di una maggioranza che sostiene un esecutivo convinto di trovarsi di fronte a un abuso di potere da parte dei suoi ex colleghi...

"E non le nascondo che in questo caso la cosa mi fa sentire a disagio. Ma non perché Spataro e Pomarici, titolari dell'inchiesta, hanno lavorato con me. Il punto è che il governo si sbaglia. Principalmente per due motivi. Il primo: non c'è nessuna norma che vieta di intercettare i telefoni degli agenti segreti. Il gip, su richiesta del pm, autorizza gli ascolti se ci si trova in presenza di elementi che facciano ritenere l'esistenza di gravi reati. Il secondo è che nel corso dell'inchiesta, iniziata nel 2003, il segreto di Stato non è stato eccepito da nessuno. Anche quando nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati dei documenti, né il Sismi né il governo hanno detto: 'Queste carte sono coperte da segreto'".

Dalle intercettazioni telefoniche sono però emerse le generalità di molti agenti anche non indagati.

"I nastri e i brogliacci sono in mano ai difensori degli agenti ora sotto processo. Gli avvocati avevano il diritto di chiedere lo stralcio e la distruzione delle telefonate non inerenti alle indagini o contenenti notizie coperte da segreto. Ma questo non è avvenuto. Perciò adesso mi meraviglio che lo faccia l'esecutivo".

Non crede che sia giusto tutelare la segretezza dei nomi degli 007 e la struttura operativa dei servizi?

"Se questo è l'obiettivo del governo, il Consiglio dei ministri poteva farsi promotore di un disegno di legge. Poteva stabilire, per esempio, che se nel corso di un'indagine emergono notizie coperte da segreto politico-militare il magistrato ha il dovere di segnalarlo al premier, il quale decide poi se autorizzare o meno il deposito dei documenti. Al limite, se riteneva che il magistrato avesse compiuto degli illeciti, poteva battere due strade. Il ministro della Giustizia poteva avviare un'azione disciplinare oppure, in caso di violazioni di tipo penale, poteva presentare una denuncia. Invece si è scelto di sollevare un conflitto di attribuzioni che sembra servire esclusivamente per impedire alla magistratura di procedere contro gli imputati".

Bloccare tutto: è questo il motivo per cui, secondo lei, Romano Prodi si è rivolto alla Corte costituzionale?

"È quello che mi chiedo, senza trovare risposta. Resta il fatto che questa decisione, come quella di Mastella di non chiedere l'estradizione degli agenti Usa imputati del rapimento, legittimano il sospetto di una certa tolleranza nei confronti di questo tipo di operazioni. In questi casi deve invece prevalere la chiarezza. La presidenza del Consiglio dovrebbe spiegare se, nel 2003, chi era al governo era stato informato dagli americani che la Cia intendeva sequestrare una persona in Italia. Ma, visto che sia il nuovo che il vecchio esecutivo affermano di non aver mai saputo nulla, non si riesce a capire perché non venga chiesta l'estradizione. Forse, e lo dico con grande serenità, l'unica ragione è che non si vuole permettere a queste persone di esercitare il diritto a idonea difesa".

Detto in altri termini, significa che in Italia c'è chi preferisce un processo senza la voce degli americani. Si vuole evitare il rischio che qualcuno dica cosa è avvenuto realmente?

"Non possiamo saperlo. È però normale che gli osservatori e i cittadini si facciano delle domande sul perché di certe scelte politiche. È naturale pensare che l'atteggiamento assunto dal governo di centrosinistra sia dovuto a qualcosa di molto grave".

Molto grave in che senso?

"Come siano andate le cose lo stabiliranno i giudici. Ma se il sequestro di Abu Omar è avvenuto nei termini ricostruiti dalla Procura, bisogna chiedersi se l'ex capo del Sismi, Niccolò Pollari, abbia informato il presidente del Consiglio precedente. Se abbia cioè detto a Berlusconi: la Cia vuole rapire una persona, posso collaborare? E bisogna anche chiedersi qual è stata la risposta".

Ma potrebbero esistere degli accordi segreti tra Italia e Usa che prevedono l'utilizzo delle cosiddette extraordinary renditions per fronteggiare il rischio attentati?

"No, non è ipotizzabile. Un accordo di questo tipo andrebbe contro l'articolo 13 della Costituzione, secondo il quale la libertà personale può essere limitata solo sulla base di un provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria".

Bisogna comunque ammettere che il clima, dopo l'attentato contro le Torri gemelle del 2001, era particolare: si temevano azioni disastrose anche in Italia.

"Certo. E proprio per questo la collaborazione nelle indagini da parte di tutti è stata straordinaria. Io stesso ho immediatamente istituito nella Procura di Milano un pool, oggi coordinato da Spataro, che si occupava di terrorismo islamico e ho dato disposizione di fornire all'Fbi tutti gli elementi che avevamo in mano".

Dopo il sequestro fonti Usa hanno fatto trapelare la notizia, probabilmente falsa, che Abu Omar fosse in procinto di compiere a Milano un attentato contro un pulmino di una scuola americana.

"Se gli Usa sapevano qualcosa del genere, dovevano dircelo subito. A partire da fine 2002 Abu Omar era sotto inchiesta. Veniva pedinato. Il suo rapimento ha impedito, tra l'altro, che venisse approfondita l'indagine a suo carico poi sfociata in un processo. La parte lesa in questo caso non è solo il rapito, ma anche lo Stato italiano".

Forse anche a sinistra c'è chi ritene che i tempi della giustizia siano troppo lunghi per prevenire certi rischi?

"Se qualcuno lo pensa ha la memoria corta: noi siamo addirittura stati elogiati dalle Nazioni Unite per essere riusciti a sconfiggere le Brigate rosse senza fare ricorso a nessun metodo non democratico. Il terrorismo va battuto secondo le regole: altrimenti ci si mette sullo stesso piano e terrorista diventa lo Stato. Con le renditions ci sono verificati casi di innocenti rapiti e torturati. In commissione Giustizia stiamo discutendo una legge contro la tortura, ma se ammettiamo che il terrorismo può essere combattuto così, mi chiedo cosa la facciamo a fare".

Non è un bello stato d'animo...

"È lo stato d'animo di un parlamentare dell'Ulivo che non riesce a capire la ragione per cui di fronte a un episodio tanto grave, il governo tenga questi atteggiamenti. A Bruxelles l'Unione europea è stata chiara: le renditions sono fuori legge e gli Stati che le hanno permesse vanno censurati. In Italia in Parlamento attendiamo spiegazioni".




INES TABUSSO