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CORRIERE DELLA SERA
1 luglio 2006
Liberalizzazioni
Colpo alle lobby
di Francesco Giavazzi

Un buon avvio. La situazione difficile dei nostri conti pubblici non è la causa prima, bensì la conseguenza del virus che ha colpito l'Italia. Il nodo è la scarsa libertà economica, i mille vincoli che impediscono alle imprese di crescere, un mercato del lavoro che protegge chi un posto ce l'ha a scapito di chi ne è escluso, uno scarso senso civico che — complici i condoni di Tremonti — induce tanti e soprattutto i più furbi e abbienti ad evadere il fisco.

Il «pacchetto Visco» affronta il problema fiscale in modo corretto: chi non evadeva pagherà quanto prima; per chi evade sarà più complicato non pagare le tasse. Con una sana eccezione: le stock options verranno tassate come ogni altro reddito da lavoro eliminando un privilegio che favoriva i ricchi a scapito dei meno fortunati.

Il valore del «pacchetto Bersani» non sta tanto nelle singole misure, peraltro significative (farmacie, notai, professionisti, class action, tassisti, RC auto, conti correnti), bensì nel segnale che finalmente si ha il coraggio di non sottomettersi alla pressione delle lobby. Finora nessuno c'era riuscito. Nelle ultime settimane notai e farmacisti avevano lanciato una campagna pubblicitaria battente acquistando pagine di giornali e spazi radiofonici. Aver saputo resistere a questa pressione è un segnale importante.

All'interno della maggioranza di governo il merito va in particolare alla Rosa nel Pugno, che ha fatto del liberismo la sua bandiera e non ha abbandonato la battaglia, nonostante sia stata ripetutamente strapazzata dagli elettori. Questo risultato dovrebbe far riflettere chi, come Roberto Villetti, oggi propone di sciogliere la Rosa, un partito che dimostra di avere una funzione di pungolo purtroppo rara nella politica italiana.
Tuttavia non lasciamoci abbagliare. Le norme approvate ieri sono state scelte con cura in modo da non far sorgere problemi all'interno della maggioranza: nulla sul lavoro, né sui dipendenti pubblici, né sull'università. I pacchetti Visco e Bersani hanno molti oppositori, ma nessuno all'interno della maggioranza: così le scelte davvero difficili sono state rinviate.

Ne è la prova la manovra correttiva proposta ieri. «Da anni gli stipendi dei dipendenti pubblici sforano sistematicamente ogni limite prefissato. Nel 2005 sono aumentati del 4 per cento, cioè il doppio dell'obiettivo programmatico. Da anni la spesa corrente delle pubbliche amministrazioni schiva i ripetuti, multiformi tentativi di porvi un freno»: questo il giudizio espresso ieri l'altro dalla Corte dei Conti. «Un'analisi condivisibile» ha commentato il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa. E allora?
Se si condividono queste valutazioni non si può aspettare una Legge finanziaria che entrerà in vigore fra sette mesi per arrestare la corsa delle spese. Due anni fa Sergio Marchionne fu assunto dalla Fiat per tentare di evitare la bancarotta dell'azienda. Le spese correvano e le vendite di automobili languivano: che cosa avrebbero fatto gli azionisti se al primo consiglio di amministrazione Marchionne avesse detto: «Non preoccupatevi, fra sette mesi fermerò la corsa delle spese»?.

Prodi dice che i tagli occorre farli «con calma e con la testa». Vero, si può però iniziare. Ad esempio dalla proposta di Nicola Rossi di pre-pensionare 100.000 dipendenti pubblici. Poi dall'Ufficio italiano dei cambi: i controlli valutari sono stati cancellati diciassette anni fa, ma ci sono ancora 600 dipendenti. I quotidiani italiani hanno ricevuto lo scorso anno contributi pubblici per l'acquisto di carta pari a circa 40 milioni di euro: erano davvero tutti necessari? Solo qualche esempio.





INES TABUSSO