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"... se mi si viene a dire che è indispensabile il numero attuale di parlamentari (per quanto ho visto finora, di senatori ne basterebbe un terzo...)"
(Antonio Polito, IL RIFORMISTA, 22 maggio 2006)


"Antonio Polito... Nel 2006, in vista delle elezioni politiche dello stesso anno, annunciò la candidatura come senatore tra le fila della Margherita: al termine delle consultazioni venne eletto nella circoscrizione Campania".
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera, alla voce Antonio Polito)





CORRIERE DELLA SERA
5 giugno 2006
Polito: un testo comune per impegnare i Poli a collaborare dopo il voto

ROMA - ( p.d.c. ) Trova «molto interessante» il ragionamento di Tremonti,
«importante» la disponibilità di Bossi, «utile» la «consapevolezza» di molti
esponenti del centrodestra che sulla riforma istituzionale varata nella scorsa
legislatura bisognerà in ogni caso intervenire con significative correzioni.
E dunque non chiude la porta al dialogo Antonio Polito, senatore della Margherita:
«Assolutamente no, perché come è scritto anche nel programma dell’Unione
le riforme si fanno con il massimo dell’intesa possibile, e mai a colpi di
maggioranza». E però, per l’ex direttore del Riformista , la strada per cambiare
le istituzioni non passa per il sì al referendum: «Che facciamo, prendiamo
in giro gli elettori? Diciamo loro di andare a votare il 25 giugno su un
testo che comunque non ci piace e va cambiato? Se passa quella riforma, poi
sarà assolutamente arduo modificarla». Dunque è necessario che vincano i
no per fare passi avanti sulla strada di una riforma «che sia in grado di
funzionare». Ma la mano tesa di Tremonti e di Bossi merita un gesto di disponibilità:
«Possiamo fare qualcosa insieme prima del referendum: l’idea migliore mi
sembra quella della Convenzione per il referendum. Siamo in campagna elettorale
e non c’è il clima per voti parlamentari bipartisan. Ma credo si potrebbe
arrivare a una dichiarazione di intenti, formale o sostanziale, in cui maggioranza
e opposizione si impegnano a far nascere un organismo, emanazione del Parlamento
ma composto anche da giuristi ed esperti, che elabora un progetto da sottoporre
al voto delle Camere». Insomma, discutere sul merito oggi non si può, ma
«sul metodo sì: perché si mette nero su bianco che, comunque vada il referendum,
i poli si impegnano a lavorare assieme».




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IL RIFORMISTA
22 maggio 2006
La Costituzione del '48 si tocca (insieme)
di Antonio Polito
Quando domani il governo avrà la fiducia della Camera, saranno passati 43 giorni dal
voto. E' normale? Si sostiene che Prodi non ne ha colpa (ci ha messo una notte tra l'incarico e la
lista) e che dipende dall'ingorgo istituzionale. Vero. Ma l'ingorgo è normale? E la carica dei 101
sottosegretari che tutti deplorano, sottosegretari in testa, è normale? E' normale che il presidente
del Consiglio affermi al Senato che avrebbe voluto otto donne ministro e ne ha potuto fare solo
sei? E' normale che non possa formare il governo come ritiene? Ed è normale che il ministro
Damiano riveli, con encomiabile onestà, di aver appreso della nomina dal segretario del suo
partito, invece che dal premier? E' normale che il ministro dei Trasporti annunci decisioni che
spettano al governo? E' normale che i ricorsi elettorali siano giudicati dalle giunte per le elezioni
delle camere, nelle quali siedono gli stessi partiti che hanno un interesse diretto all'esito di quel
giudizio? E' normale che metà Senato prenda a fischi e insulti sette senatori a vita perché si
permettono di votare la fiducia? Ed è d'altro canto normale che la fiducia debba essere votata da
entrambe le Camere, così come ogni legge della Repubblica? E' normale che ancora non
sappiamo se, nella democrazia bipolare i presidenti delle camere debbano essere espressioni della
maggioranza o speaker super partes? E' normale che non si sia ancora capito quale debba essere,
nel maggioritario, il quorum giusto per eleggere il rappresentante dell'unità nazionale? E'
normale che l'opposizione non abbia altro strumento per far valere le sue ragioni che l'Aventino o
il filibustering? E' normale che la Corte Costituzionale sia sommersa dai conflitti tra Stato e
Regioni? E' infine normale che una maggioranza si cambi da sé la Costituzione solo per
vedersela poi bocciata dal popolo con un referendum?
Alcuni di coloro che, come me voteranno no a quel referendum, vorrebbero che noi
dicessimo agli italiani. tutto ciò che abbiamo fin qui descritto è normale, tant'è che intendiamo
lasciarlo così com'è. La Costituzione del '48 non si tocca né quella formale né quella materiale,
anche se era stata scritta per un sistema e un'epoca in cui l'alternanza di governo era impossibile.
Mi dispiace, ma io non trovo tutto ciò normale E penso che se chiediamo il voto agli elettori
dicendo loro che è normale, che la Costituzione de '48 è in splendida forma, perderemo molti
voti per manifesta infondatezza dell'argomento. Io voterò no alla riforma del centrodestra perché
non risolve i problemi di cui sopra e spesso li aggrava non perchè quei problemi non ci siano. Né
voterò no per dare una spallata al centrodestra, perché spero che nessun indeciso voti sì per dare
una spallata al centrosinistra Ciò che c'è nella riforma basta da solo a votare no. La pensano così
anche molti elettori del centrodestra dei quali mi sento alleato. Voterò dunque no per bocciare
questa riforma non per bocciare ogni riforma. Voterò no aggiungendo che il giorno dopo
bisognerà riprovare a riformare quella Carta che, come ha detto Napolitano, i costituenti vollero
rigida ma non immodificabile, visto che previdero espressamente come modificarla. E voterò no
senza aggiungere che chi l'ha cambiata è un golpista (anche qui condividendo il discorso del
presidente), perché se davvero fosse così non dovrei prendere neanche un caffè con loro, altro
che inviti al dialogo parlamentare. Se vi devo dire il mio pensiero fino in fondo, non mi
dispiacerebbe neanche ridiscutere la prima parte della Costituzione, a partire da quella
«Repubblica fondata sul lavoro» di cui ha scritto Ostellino.
La riforma nata a Lorenzago è un pericoloso pasticcio e non poteva essere diversamente,
visto che è stata fatta per tener buono un piccolo partito antisistema. Invece di liberare il governo
dal doppio voto di due camere identiche, consegna un potere di veto paralizzante proprio a quella
Camera che non avrà più il voto di fiducia. Finge un rafforzamento delle autonomie
rafforzandone solo l'anarchia. Consegna un potere di ricatto alle minoranze delle maggioranze,
dando loro il potere di scioglimento. Ma se mi si viene a dire che i poteri del premier sono già
oggi sufficienti per indirizzare l'azione di governo e rispettare per cinque anni la volontà
popolare; se mi si viene a dire che si può lasciare in piedi questo arcaico bicameralismo perfetto;
se mi si viene a dire che è indispensabile il numero attuale di parlamentari (per quanto ho visto
finora, di senatori ne basterebbe un terzo); se mi si viene a dire che i diritti dell'opposizione sono
abbastanza garantiti; se mi si viene a dire che bisogna semplicemente tornare alla riforma del
Titolo V per ordinare i rapporti tra Stato e regioni, ebbene io dico no anche a questa. Per questo
mercoledì sarò tra i firmatari dell'appello scritto da Augusto Barbera e Stefano Ceccanti. No a
questa riforma per farne una migliore, insieme con la minoranza, che in queste materie non va
considerata minoranza


INES TABUSSO