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CORRIERE DELLA SERA
24 maggio 2006
Le scelte di parte del centrosinistra
NOMINE, SERVE UN'ECCEZIONE
di PIERO OSTELLINO

A giudicare dalle prime mosse del centrosinistra — elezione delle presidenze
delle due Camere e del presidente della Repubblica; nomina del Commissario
straordinario della Federazione italiana gioco calcio [1] e del Capo ufficio
indagini della stessa Figc — la sensazione è che il confine fra regole del
gioco e scelte per governare si stia facendo sempre più sottile. Le regole
del gioco sono quelle cui le parti politiche si devono attenere indipendentemente
dal vantaggio che ne potrebbero ricavare. Le scelte per governare sono quelle
che ciascuna parte politica adotta autonomamente per condurre il gioco e
trarne vantaggio. In una democrazia che voglia restare liberale, le regole
del gioco non sono solo quelle scritte nella Costituzione, bensì anche quelle,
non scritte, del tutto discrezionali, ma pur sempre fondamentali, che suggeriscono
a chi ha vinto le elezioni di non valicare il confine fra le une e le altre
e confondere le regole del gioco con le scelte per governare. Non è, perciò,
un buon inizio che il centrosinistra, dopo aver predicato, giustamente, il
pluralismo e aver accusato, spesso a ragione, il centrodestra quand'era al
governo di averlo ignorato appropriandosi di tutte le leve del potere istituzionali
e no, si comporti oggi allo stesso modo, se non peggio.
Intendiamoci, nessuno mette in discussione il profilo istituzionale di Fausto
Bertinotti, Franco Marini, Giorgio Napolitano, la professionalità del professor
Guido Rossi e la probità dell'ex procuratore della Repubblica, Francesco
Saverio Borrelli. Sono tutte personalità, ciascuna nel proprio campo, di
indiscutibile valore culturale e morale. Non è neppure in discussione quel
tanto di spoil system —il ricambio di uomini e di indirizzi ai vertici di
alcuni organismi pubblici — che è fisiologico al buon funzionamento di una
democrazia fondata sull'alternanza fra orientamenti ideologicamente e politicamente
diversi. Ma se gli orientamenti culturali e politici hanno una qualche influenza,
peraltro del tutto legittima, sui comportamenti degli uomini, è anche un
fatto che un gioco nel quale non ci siano più orientamenti diversi a confronto
non sia più un gioco, ma rischi di trasformarsi in un pericoloso soliloquio.
Anche ammesso, e non concesso, dunque, che il centrodestra sia stato, come
si è sostenuto a sinistra, una riproposizione delle invasioni barbariche,
«non vi è più posto — direbbe Norberto Bobbio — per i prìncipi, né per il
vecchio Principe cui Machiavelli aveva affidato il compito di liberare l'Italia
dal barbaro dominio, né per il nuovo principe cui Gramsci aveva affidato
il compito di trasformare la società».
Ciò che mi chiedo, allora, è se, e perché, sia tanto difficile, per chiunque
vada al governo in questo nostro Paese di «familismo a-morale», individuare
uomini non necessariamente «di area amica», ma di sicuro affidamento professionale
e morale, da nominare a capo di almeno una parte degli organismi e degli
enti pubblici. Penso ai responsabili delle Autorità, al prossimo direttore
generale della Rai, per non parlare dei direttori di rete e dei telegiornali,
ai futuri presidenti delle industrie di Stato e quant'altri. In politica,
è anche la percezione che i cittadini hanno che fa testo per il loro giudizio.
E quella che finora essi hanno avuto della nuova maggioranza non è davvero
esaltante. Caro presidente del Consiglio, vuole incominciare, almeno, a porsi
il problema?
postellino@corriere.it




[1]
vedi agenzie del 12 maggio 2006:

Romano Prodi:
"Capisco che si tratta di una nomina di competenza del Coni, mi permetto
di suggerire però un nome, una persona che ha energia, competenza, imparzialità:
Gianni Letta"

Gianni Letta:
"Non è materia mia"

Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi:
"Non sta né in cielo né in terra"

Renato Schifani, capogruppo al Senato di Fi:
"Un'idea insolente e provocatoria, equivale a proporre un esponente di primo
piano dell'Unione al vertice dell'ente delle corse dei cavalli"
INES TABUSSO