00 25/01/2006 23:50

CORRIERE DELLA SERA
25 gennaio 2006
Tronchetti Provera:
«Questi signori mai più in Telecom»
di RAFFAELLA POLATO

«Questi signori sono fuori. Non metteranno mai più piede in Telecom. Se come
leggo hanno manipolato il mercato, se la loro è truffa, e ripetuta, che truffa
venga in superficie: i nostri avvocati hanno già il mandato per valutare
e procedere». Marco Tronchetti Provera non ha bisogno di pronunciare i nomi
di Emilio Gnutti e Gianni Consorte. Per le storie di malaffare che, partite
dalle inchieste sugli scandali delle scalate bancarie, sono arrivate anche
al colosso delle telecomunicazioni. La cui vendita è stata usata per le «consulenze»
milionarie incassate da Consorte e fatte saltar fuori nei meandri della cessione
da parte della Bell di Gnutti.


Le indagini in corso
contro i due manager
CONTRO CONSORTE A Milano, nell?inchiesta sulla scalata ad Antonveneta, Consorte
è accusato di concorso in aggiotaggio, associazione a delinquere, appropriazione
indebita e ricettazione. A Roma è indagato per concorso in aggiotaggio nella
scalata a Bnl
CONTRO GNUTTI
Gnutti, indagato a Milano per associazione a delinquere, aggiotaggio e appropriazione
indebita nelle scalate ad Antonveneta e Bnl e per le consulenze versate a
Consorte e Sacchetti, è sotto inchiesta a Brescia per falso in bilancio



«Pronto a denunciare Consorte e Gnutti»
Tronchetti Provera: questi signori mai più in Telecom. Anche in politica
serve trasparenza
MILANO - Adesso basta. Adesso, uno: «Questi signori sono fuori. Non metteranno
mai più piede in Telecom». E, soprattutto: «Se come leggo hanno manipolato
il mercato, se la loro è truffa, e ripetuta, che truffa venga in superficie:
i nostri avvocati hanno già il mandato per valutare e procedere». Marco Tronchetti
Provera non ha bisogno di pronunciare i nomi. La ricostruzione che ha appena
fatto, la durissima requisitoria sulla Telecom pre-Pirelli non si presta
a equivoci. I destinatari, «questi signori», sono Emilio Gnutti e Gianni
Consorte. Per le storie di malaffare che, partite dalle inchieste sugli scandali
delle scalate bancarie, sono arrivate anche lì. Al colosso delle telecomunicazioni.
La cui vendita è stata usata per le «consulenze» multimilionarie incassate
da Consorte e fatte saltar fuori, in modo oscuro, nei meandri della cessione
da parte della Bell di Gnutti. Gli acquirenti erano i gruppi Pirelli e Benetton.
E, certo, i rivoli delle «consulenze» appaiono tutti interni ai venditori.
Ma è facile, in questo clima, mischiare tutto. Tanto più che Gnutti sedeva
nella controllante Olimpia, Consorte era consigliere Telecom (in rappresentanza
di Hopa, dunque ancora di Gnutti). E Tronchetti Provera - che si è affidato
a Guido Rossi - non ci sta: «Vorrei si evitasse di confondere e accostare
tra loro persone che non hanno nè storie, nè valori, nè responsabilità in
comune». Per cui «chiariamo una volta per tutte: c?è stata una Telecom pre-acquisizione
da parte della Pirelli e una post-Pirelli». La prima, dice, è quella che
abbiamo trovato. «Quella dell?Opa del secolo» cita sarcastico: «Ma il risultato
fu un?azienda piena di debiti, che non ha mai messo in pratica il piano annunciato
nel ?99 e nella quale, appena ci siamo messi al lavoro per risanare, abbiamo
trovato anche spiacevolissime sorprese». Immaginavamo, continua Tronchetti
(e la frecciata va anche a Roberto Colaninno, pur a sua volta mai nominato),
«che certe minusvalenze fossero solo errori gestionali». E «ci siamo messi
all?opera, con passione». Prima stoccata pure alla politica: «La Telecom
di oggi è la riprova che, dalla politica, anche un?azienda di provenienza
pubblica può staccarsi: noi favori non ne abbiamo mai fatti».
Ma, va avanti Tronchetti, «questa è la parte bella della storia. Poi leggi
i giornali e scopri altro». Scopri che «le stesse persone che nel ?99 si
erano messe d?accordo per fare un?Opa a debito, nel 2001, secondo notizie
di stampa non smentite, avrebbero organizzato di concerto operazioni per
sostenere artificialmente il titolo Olivetti-Telecom in Borsa, mentre Pirelli
stava trattando l?acquisto del pacchetto del 23%». E allora, primo: «Di questi
compagni di viaggio che mi sono trovato ad avere, e certo non ho cercato,
intanto si occuperanno gli avvocati». Secondo, anche al di là della vicenda
specifica, «oggi va dato un grande supporto alla magistratura: deve andare
fino in fondo, perché è giusto e perché sennò la gente non capisce. L?abbiamo
già visto: dopo due anni i delinquenti risaltano fuori e rifanno le stesse
cose. Non è possibile». Terzo: se la trasparenza è un obbligo per le aziende
e per chi fa affari, se il mercato alla fine «premia questo», se magistratura
e autorità di controllo «devono poter lavorare in autonomia», la politica
non creda di essere esente «dalla stessa esigenza di trasparenza».
È qui che arriva il secondo affondo, il secondo «basta» di Tronchetti. È
anche la platea ideale, visto che si parla di «Sviluppo o declino: il ruolo
delle istituzioni» con Piero Fassino, Marco Follini e Francesco Rutelli,
arrivati nella sede di Banca Intesa per la presentazione dell?omonimo libro
di Astrid. Solo che, se fino a lì il dibattito è un dibattito come tanti,
l?intervento del presidente Telecom ha l?effetto di una sferzata. Quando
sgancia la bomba della denuncia. E quando, ancora più applaudito, chiede
appunto: signori, la politica dov?era? Non si rivolge ai presenti, Tronchetti.
Ma non usa perifrasi: «Abbiamo scoperto cosa quelle persone hanno fatto nel
?99. Abbiamo scoperto cosa facevano nel 2001. E abbiamo visto, quest?estate,
ancora da parte delle stesse persone, un disegno che portava un chiaro segnale
nei confronti delle banche, di Telecom, della Fiat: mezzo Paese. Com?è possibile
che la classe dirigente non l?abbia saputo impedire? Eppure l?abbiamo denunciato».
Per ripeterlo chiaro: «C?è una contaminazione del nostro sistema che deve
essere estirpata, per dare un segnale ai cittadini. E? il momento che chi,
in politica, si è sempre regolato con onestà si separi in modo netto dai
disonesti». Perché «non ci sono i mezzi mascalzoni e bisogna avere la forza
di dirlo: qui non siamo tutti uguali, non siamo tutti asserviti a una ragnatela
di interessi trasversali, non siamo tutti complici». Gli occhi della platea
vanno tutti su Fassino. Che applaude.
Raffaella Polato


********************************************************************************


L?ex di Unipol: «Ecco la mia verità Con me hanno guadagnato tutti»
MILANO - «Io e Sacchetti abbiamo svolto un ruolo di supporto gestionale a
Gnutti nell'iter dell'operazione Olivetti/Telecom. Inoltre, abbiamo contribuito
a far sì che Gnutti percepisse dalla Bell, quale stock option per il ruolo
svolto nell?operazione Telecom, la somma di 50 miliardi di lire. Per questi
motivi, il dott. Gnutti si è sentito di riconoscere a noi due, in parte come
ristorno del premio da lui ricevuto, e in parte a fronte del supporto prestato
nello svolgimento di queste attività, un importo complessivo di circa 5 milioni
di euro ciascuno». Giovanni Consorte la mette così, anche se Gnutti nel suo
interrogatorio prenatalizio la racconta un poco diversa (almeno nei toni):
«Consorte mi presentava il conto, lui e Sacchetti chiedevano solo di poterci
guadagnare un po?. Preferivo averli amici che nemici, in effetti mi davano
una mano per gli aumenti di capitale delle mie società».

«SUPPORTO» - Fatto sta che, finito di leggere le 28 pagine di memoria consegnata
ieri dai difensori Filippo Sgubbi e Giovanni Maria Dedola i pm (in serata
recatisi a San Vittore a interrogare l?ex direttore generale Bpl, Gianfranco
Boni), se uno non sapesse che Consorte e Sacchetti erano il presidente e
vicepresidente di Unipol, sarebbe indotto a pensare che il loro principale
lavoro fosse in realtà quello di braccio destro e di sponsor del finanziere
bresciano Emilio Gnutti. Lavoro ben remunerato: 24,57 milioni di euro (e
altrettanti per Sacchetti) per «due anni» e «quattro fasi» (2000-2002) di
«supporto gestionale» a Gnutti, con «elaborazioni, informazioni e dati che,
raccolti da varie fonti, da me venivano assemblati, analizzati e rielaborati,
diventando oggetto successivamente di confronti con Hopa (Gnutti)». Niente
incarichi scritti o mandati ufficiali, ma un pacco di allegati, tanti incontri
in agenda, e la percezione soggettiva di Consorte: «Ritengo che il lavoro
svolto abbia consentito un confronto permanente e costruttivo all'interno
di Hopa, in un periodo molto delicato e caratterizzato da forti tensioni
finanziarie interne».
Certo, Consorte ci tiene a rimarcare più volte che «anche Unipol ha potuto
beneficiare, dagli investimenti effettuati in Olivetti-Bell-Hopa, di risultati
di assoluto rilievo». E cerca di volgere in argomento a suo favore l?apparente
paradosso del super-ruolo (nella trattativa Bell-Hopa/Pirelli su Telecom)
di due manager di quell?Unipol che era solo l'8° socio di Bell e il 15° di
Hopa: «Il ruolo mio e di Sacchetti si è configurato come un contributo professionale
all?intera operazione e a favore di tutti i soci; viceversa, soci più rilevanti
di Unipol in Hopa e Bell non hanno mai partecipato attivamente». E se Gnutti
e soci sono usciti coperti d?oro dall?affare Telecom, Consorte segnala che,
«dall?operazione Bell e con il contributo determinante di Hopa, Unipol incassò
324,7 milioni di euro, realizzò una plusvalenza di 80,4 milioni di euro,
ed eliminò una perdita (tenuto conto dell'andamento di borsa del titolo Olivetti)
decisamente superiore ai 75,2 milioni».


SACCHETTI - Centrale, per Consorte, è il ruolo di Sacchetti nel luglio 2001
(accordo per la cessione a Pirelli delle Olivetti detenute da Bell a 4,175
euro per azione): «Pirelli tra le varie condizioni pose le dimissioni di
Colaninno da Telecom». A sua volta, «Colaninno pose quale condizione per
le dimissioni il riconoscimento di un premio di 150 miliardi da portare all'approvazione
dell'Assemblea di Bell». Ma «in quella sede Sacchetti evidenziò che anche
Gnutti, soprattutto per il ruolo svolto nell'operazione Telecom a supporto
di Colaninno, fosse meritevole di un premio di almeno 50 miliardi di lire».
Per ringraziare, Gnutti compensa i vertici Unipol «mediante delegazione liberatoria
di pagamento senza possibilità di eccezione alcuna (accettata da me e Sacchetti),
da egli di fatto rilasciata a una società estera e ad egli, nella sostanza,
riconducibile». Soldi che «nel 2002 sono stati da me rimpatriati con la procedura
dello "scudo fiscale", via titoli obbligazionari emessi da Mentor Holding
S.A.».


BOND OLIMPIA - Altri bei soldi Consorte sostiene di essersi meritato quale
architetto del bond Olimpia, cioè della soluzione che (quando Pirelli chiede
di rinegoziare il prezzo dopo l?attacco alle Torri Gemelle dell?11 settembre
2001) «accolla ai soci Bell l?onere di finanziare Olimpia mediante la sottoscrizione
del bond» e «segna la fine delle tensioni dei soci Bell, in quanto permise
il definitivo consolidamento dell?utile di 1,7 miliardi di euro». Perciò,
«su queste basi Gnutti ritenne di riconoscere a me e Sacchetti un premio,
individuando come meccanismo quella di una operatività di Borsa, che comunque
Hopa impostava e gestiva nelle sue autonome scelte aziendali». Comincia la
girandola di profitti in Borsa, che però Consorte attribuisce alle valutazioni
di Gnutti sul « consensus degli analisti» sui vari titoli che «ci propose
di acquistare»: azioni Autostrade ed Eni, Olivetti e Mps, che fruttano «premi
al sottoscritto e a Sacchetti pari a 7,9 milioni di euro ciascuno». Appena
- sostiene Consorte - «lo 0,12% della dimensione complessiva dell?operazione»
Telecom.
Non è finita. A compenso del 2002, «anno molto impegnativo (anche per le
non buone condizioni di salute del dottor Gnutti in quel periodo) nella ridefinizione
del progetto strategico Olimpia-Holinvest-Olivetti, Gnutti decise di riconoscere
al sottoscritto e a Sacchetti un premio significativo: per una parte direttamente
e personalmente come GP Finanziaria, e per un'altra parte tramite le operazioni
strategiche di trading azionario di Hopa». E fanno altri «11,48 milioni di
euro». Totale per due: circa 49 milioni, «affidati tutt'ora in gestione presso
due società fiduciarie italiane».

la Memoria difensiva
Luigi Ferrarella Biagio Marsiglia
INES TABUSSO