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L'UNITA'
23 gennaio 2006
Più liste per tutti
di Paolo Flores d’Arcais

Ma i dirigenti del centro-sinistra le elezioni politiche vogliono vincerle davvero? La domanda non ha nulla di provocatorio. È, semmai, una domanda tecnica. Le elezioni, infatti, non si svolgeranno col sistema maggioritario, ma secondo la nuova (pessima) legge elettorale voluta da Berlusconi proprio allo scopo di favorire il proprio schieramento.
È una legge proporzionale con trabocchetti. Una schifezza “pro domo sua”. Ma con questa si vota, e con questa si deve vincere.
Tale legge penalizza l’unità e favorisce lo schieramento che si presenta diviso. Anche fortemente e polemicamente diviso (sempre che la polemica non arrivi alla rissa e all'anatema, ovviamente). Se Berlusconi, Fini, Casini e Bossi si presentassero con una lista unica la loro sconfitta sarebbe più che certa. E più che una sconfitta sarebbe una catastrofe. Molti elettori di An, infatti, non voterebbero mai per Bossi, e viceversa, molti elettori di Casini detestano il cavaliere, e viceversa. E poiché non ci sarà neppure lo “sfogo” del voto di preferenza, ma le liste sono bloccate, una lista unitaria sarebbe la catastrofe.

Perché, dunque, il centro-sinistra non si adegua alla legge elettorale, e aumenta la propria offerta elettorale moltiplicando le liste? È l’unico modo per raccogliere tutti i voti potenziali, per evitare che ne resti a casa qualcuno. Tanto più che non si corre nessun pericolo di “buttare” i voti. Infatti, anche se una lista appartenente alla coalizione prende meno del 2%, è vero che non ottiene propri deputati, ma i suoi voti si redistribuiscono fra le altre liste della coalizione che il 2% lo hanno superato.

Perché, dunque, il centro-sinistra non moltiplica le liste? E soprattutto perché non promuove liste civiche, non di partito, capaci di attrarre tutti i voti di quanto sono ormai stanchi di Berlusconi, decisissimi a non votarlo, ma non se la sentono di votare i partiti dell'Ulivo o gli altri partiti tradizionali del centro-sinistra?
Io non pretendo di sapere quanti sono questi elettori, ormai antiberlusconiani, che rischiano però di non andare a votare (e ogni voto che resta a casa significa mezzo voto per il centro-sinistra ma anche mezzo voto per Berlusconi: è chiaro?). Molti, anzi moltissimi, se devo giudicare da quello che sento fra amici e conoscenti. E tuttavia, poniamo pure che io conosca le persone sbagliate, e statisticamente non significative. Ma tutte le ricerche sociologiche e i sondaggi di opinione dicono che questo genere di incerti (decisi a non votare Berlusconi, ma non propensi a votare le attuali liste di centro-sinistra) oscillano tra uno e due milioni.
Poniamo anche che siano meno. Che siano solo alcune centinaia di migliaia. Vogliamo allegramente e irresponsabilmente rinunciare a questi voti, che potrebbero essere decisivi? Quando militavo nel Pci (una paio di vite fa, prima di esserne espulso) ricordo lo slogan ragionevolissimo che sempre accompagnava l’impegno elettorale: non un sol voto vada perduto. Credo che sia più attuale e più ragionevole - e anzi più doveroso - che mai.
Non un solo voto vada perduto. E senza liste civiche, qualche voto (forse molte centinaia di miglia di voti) andrà perduto di certo. E questo “qualche voto” che restasse a casa (e ciascuno vale mezzo voto per Berlusconi, non dimentichiamolo mai) potrebbe significare altri cinque anni di regime. Più che un incubo, una tragedia.

Ecco perché io mi auguro che le persone e i gruppi che le liste civiche le hanno già sperimentate (con Rita Borsellino in Sicilia, con Riccardo Illy in Friuli, con Riccardo Sarfatti in Lombardia, con Giuseppe Alagna nel Lazio, o le tante diffuse in Toscana e nelle Marche, o quella ventilata da Marco Rossi-Doria (il maestro di strada, dei vicoli e dei “bassi”) a Napoli, o quelle che potrebbero nascere dalle esperienze di Dario Fo e di Milly Moratti alle primarie per Milano) sappiano trovare la lucidità e la saggezza per dare vita a una lista nazionale delle liste civiche “per Prodi presidente”.
Ecco perché imploro (sì: imploro) i dirigenti del centro-sinistra, e Prodi per primo, perché dimostrino eguale saggezza e lucidità non solo nell’accogliere tale lista nella coalizione, ma nell’incoraggiare i promotori a realizzarla nei tempi più brevi.

In base a quali ragioni, infatti, dovrebbero comportarsi diversamente? Una lista del genere farà certamente aumentare la somma dei voti della coalizione. L’interrogativo è solo se li farà aumentare di poco, di molto, di moltissimo. Ma anche fosse di poco, ricordiamoci del dovere minimo - elementare e irrinunciabile - del militante (e ancor più del dirigente, dunque): non un solo voto vada perduto.
Certo, questo vantaggio comune per la coalizione potrebbe, al suo interno, significare anche un certo numero di voti che dai Ds, dalla Margherita, dagli altri partiti, si spostano sulla lista civica. Ma cosa è più importante? La somma dei voti con cui si andrà al governo, o le quote dei rispettivi partiti?
Coraggio, amici e compagni. Sarebbe davvero una tragedia (e non sarebbe mai più perdonata dagli elettori democratici) se per egoismi e piccinerie delle singole componenti, la coalizione di centro-sinistra perdesse (o pareggiasse) elezioni che invece può vincere. O rinunciasse anche a un solo potenziale elettore.
Dixi, et salvavi animam meam.


INES TABUSSO