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CORRIERE DELLA SERA
9 gennaio 2006
Dal Pci a Rifondazione
«Il nemico è Silvio, ma i leader hanno sbagliato»
Ingrao: Massimo e Piero dovevano convocare il partito subito
l’Intervista

ROMA - In una lettera pubblicata ieri dal quotidiano Liberazione, lei, Pietro Ingrao, si chiede - provocatoriamente - se i «nemici» della sinistra italiana siano davvero divenuti Fassino e D’Alema o, piuttosto, se l’avversario non debba rimanere sempre il solo Berlusconi. È una mossa per spostare l’attenzione sul premier e... «E sottovalutare i guai che, come dire? abbiamo in casa? No, assolutamente. La verità è che certi fatti, pur gravissimi, legati alla vicenda giudiziaria di Consorte-Fiorani-Fazio, e che forse possono coinvolgere Fassino e D’Alema, ho la sensazione che stiano progressivamente spostando l’interesse politico del popolo della sinistra. Il quale, invece, in una campagna elettorale già cominciata, non deve dimenticare di essere governato da Silvio Berlusconi. Un premier a cui si devono imputare almeno due colpe gravissime».
La prima?
«È amico stretto di tipi come Previti e altri consimili e ha governato in modo sciagurato, portando la situazione economica del Paese a un pesante punto di crisi».
La seconda?
«Violando l’articolo 11 della Costituzione ha condotto l’Italia a una guerra, in Iraq, sbagliata e di cui non s’intravede la fine. Si tratta di colpe d’una tale gravità che... che poi, ecco, non ritrovarle al centro dell’iniziativa politica, mi sembra uno sbaglio pericoloso».
La gente di sinistra può apparire distratta, Presidente, perché forse aspetta di capire cosa è accaduto in quella...
«In quella terribile vicenda che gira intorno a Consorte, a Fiorani e a Fazio. Lo so, certo, ed è una curiosità assolutamente legittima. Infatti Fassino e D’Alema, due persone che io stimo, in questa circostanza hanno sbagliato».
In cosa?
«Avrebbero dovuto muoversi immediatamente. Appena sono circolate le prime voci, le prime intercettazioni. Dovevano presentarsi al Botteghino e confrontarsi con il gruppo dirigente. Invece uno, Fassino, è rimasto in Messico, mentre D’Alema si è limitato a organizzare un forum all’ Unità . Troppo poco».
La direzione di mercoledì prossimo si annuncia molto complicata. Non solo la sinistra diessina, ma anche l’ala riformista si aspetta chiarimenti convincenti. C’è il rischio concreto di spaccature?
«Io non le auspico, ovviamente. Ma una riunione della direzione a questo serve: discutere, capire, provvedere».
Provvedere come? Giampaolo Pansa ha chiesto, sul Corriere , le dimissioni di Fassino e di D’Alema.
«Questa è una valutazione che devono fare i membri della direzione. E, certo, quella è la sede più idonea per definire le responsabilità del segretario e del presidente dei Ds. Il mio augurio, comunque, è che il gruppo dirigente diessino colga l’occasione per ribadire anche che Berlusconi resta, deve restare al centro della battaglia politica».
Fassino, su Repubblica , ieri ha ammesso di «aver fatto il tifo» per Unipol, nella scalata a Bnl.
«Certe valutazioni su Fassino, ripeto, spettano alla direzione... Io ricordo solo che il movimento cooperativo nacque con uno spirito ben diverso da quello incarnato da Consorte. E, purtroppo, la sensazione, leggendo i giornali, è che la faccenda sia profondamente sporca».
Cesare Salvi teme che tutto questo possa costare un milione di voti. Lei cosa ne pensa?
«Penso che l’elettorato di sinistra si aspetta comportamenti etici, morali, ed è per questo che occorreva fornirgli subito risposte sicure. E poi, diciamolo: la capacità di dare risposte politiche in certe situazioni definisce, come dire? la fisionomia di un partito».
Berlusconi, intanto, dice che la sinistra italiana non può più vantarsi di essere «diversa».
«Dice una sciocchezza. Ci sono migliaia di persone di sinistra, operai e intellettuali, disoccupati e impiegati, che sono e restano molto diversi da tipi come Consorte».
Miriam Mafai ricorda come, un tempo, la sinistra italiana fosse comunque «più austera»...
«Probabilmente ha ragione. Anche se pure noi facemmo errori non da poco. Tuttavia, sarebbe opportuno che dal passato si conservassero almeno le cose buone».
Anche lei sta pensando alla barca di D’Alema?
«No. Per il semplice fatto che il guaio non è quella barca, ma il potere e l’appoggio che è stato dato a Consorte».
Molti, in questi giorni, ricordano il Berlinguer che pose il problema della «questione morale»...
«Berlinguer era una persona rigorosa e poi, comunque, non erano rigorosi solo i dirigenti, di quell’epoca, ma anche tanti militanti, tanti operai, tanta gente che, pur di non cedere all’avversario, si ridusse a vivere con un tozzo di pane».

Fabrizio Roncone
INES TABUSSO