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CORRIERE DELLA SERA
29 dicembre 2005
A SINISTRA / I tre opinionisti di Espresso, Repubblica e Unità attaccano la Quercia. E bollano la teoria dei «poteri forti»: fu evocata da Craxi, Berlusconi e Tatarella

«Niente complotto». Le critiche di Rinaldi, Statera e Travaglio
Smontare la «tesi del complotto». E rivolgere critiche - anche aspre - ai Ds. È questo quello che ieri tre editorialisti di punta - Claudio Rinaldi, Alberto Statera e Marco Travaglio - di giornali cari all’elettorato di centrosinistra - Espresso , Repubblica e Unità - hanno fatto con i loro articoli dedicati al caso Unipol. Proprio nel giorno in cui Giovanni Consorte ha annunciato le sue dimissioni dal cda per il 9 gennaio prossimo, i tre hanno sferrato infatti un attacco ai Ds e alla loro gestione della vicenda Unipol. A cominciare dalle reazioni di molti esponenti, che anche ieri accreditavano la tesi di un complotto dei poteri forti che si celerebbe dietro la pubblicazione delle notizie sull’inchiesta. Scrive Marco Travaglio su l’Unità : «Dai Ds si levano molte voci che occhieggiano alla stessa tesi: se il Corrierone sta informando così compiutamente i suoi lettori sugli ultimi scandali non è perché i suoi cronisti (gli stessi che narrano da anni le malefatte di Berlusconi e Previti) sono bravi, ma perché sono imbeccati dai poteri forti che cospirerebbero con i pm contro la scalata Unipol-Bnl, già benedetta da Fazio».
Semmai per Travaglio questo evocare i «poteri forti» avvicinerebbe i Ds ai ciellini [1] e a tre figure politiche (Craxi, Berlusconi e Tatarella) invise al popolo ds. Ricorda che i poteri forti sono stati evocati prima «da Bettino Craxi nel ’93, tentando di convincere la Camera a salvarlo dai processi». Poi «da Berlusconi...che da subito cominciò a tuonare contro i poteri forti, tutti schierati a sinistra. Anche nel ’94, quando il suo governo era già cotto. Di chi era la colpa? Dei poteri forti». In quell’occasione pure una figura carismatica di An e dell’intero centrodestra, come l’allora vicepremier Pinuccio Tatarella, teorizzò con un’intervista alla Stampa la presenza dei poteri forti, definiti come «uomini invisibili che remavano contro il governo».
Ma ad essere messa sotto accusa da Rinaldi, sull’ Espresso , è quella che lui definisce «la vecchia teoria dalemiana: quella per cui anche la sinistra deve costruirsi a qualsiasi prezzo una presenza diretta nel sistema economico-finanziario». Un’idea «autolesionistica, oltre che di assai dubbia correttezza. L’affarismo non paga. Se sponsorizzando Consorte i furbetti del Botteghino miravano a rafforzarsi nel risorto Ulivo, a scapito della Margherita, hanno maldestramente sortito l’effetto opposto». A commettere questo errore, secondo l’editorialista, sarebbero gli stessi che, secondo Rinaldi, «hanno dato un rozzo avallo ai cosiddetti immobiliaristi per la prosaica ragione che quei parvenu dovevano vendere le loro azioni Bnl a Consorte».
«Che imprudenza», per Rinaldi, «imparentarsi con il peggior capitalismo d’avventura». Che imprudenza quel «rozzo avallo che i Ds hanno dato ai cosiddetti immobiliaristi perché loro dovevano vendere azioni Bnl a Consorte». E ricorda che il 7 luglio Fassino ha giustificato la scalata di Ricucci al Corsera : «Qualsiasi imprenditore può aspirare ad essere azionista di un giornale». Ancora, il 5 agosto «il raider Gnutti è stato difeso da D’Alema che faceva il finto tonto: "Che cos’ha Gnutti che non va?"». Altro errore, secondo lui, il trattare Fazio «con estremo garbo». Bersani il 7 settembre lo invitava a tenere duro: «Andarsene in queste condizioni sarebbe una canea». E per D’Alema il rischio era «trovarsi Adriano Galliani governatore».
Nell’intercettazione tra Sposetti e Consorte, invece, ha colpito l’invito a far sapere il meno possibile a Fassino. «Perché?», si chiede Alberto Statera su Repubblica , fornendo tre ipotesi. Una di queste è che «il segretario ds non deve sapere più di tanto perché la pratica non spetta a lui. Ma al presidente D’Alema, l’uomo che quando fu a Palazzo Chigi si impegnò con lucidità e determinazione alla ricerca di alternative credibili a un capitalismo decrepito. Sbagliò cavalli? Può darsi...» [2]. Resta in piedi la domanda: perché Fassino non deve sapere niente? Statera lancia ipotesi: «Perché via Stalingrado conta troppo sul Botteghino? Perché il Cuccia di sinistra, che si faceva i suoi affari coi soldi di Fiorani, fa ormai il salvatore del partito "contiguo" di cui non è più lui "contiguo?"».
Ma soprattutto è il coinvolgimento dei Ds a colpire Statera: «Come è possibile che Sposetti, l’uomo delle finanze ds, parli con Consorte come se il suo referente fosse il Bonaparte dell’Unipol e non il segretario del suo partito?».

Angela Frenda






[1]
CORRIERE DELLA SERA
20 agosto 2005
CESANA (COMUNIONE E LIBERAZIONE): BASTA CON I FALSI MORALISMI
LE COOP POSSONO TUTTO SE SEGUONO LE REGOLE
www.difesa.it/files/rassegnastampa/050820/89GV0.pdf



[2]
REPORT - Rai 3
1 ottobre 2002
DIETRO AL BINGO
di Bernardo Iovene
puntata di martedì 1 ottobre 2002 ore 20:50

IN STUDIO MILENA GABANELLI
L'inchiesta di oggi ruota intorno al Bingo. Il Bingo e' una tombola organizzata secondo criteri industriali e autorizzata dalla concessione dello Stato. E allora, cosa c'è che non va in un gioco dove anche lo Stato si prende anche la sua parte? Forse nulla o forse tutto. Ognuno di voi valuterà a fine puntata dopo che la storia e' stata raccontata per intero. Procediamo per tappe, prima dell'arrivo del Bingo la tombola era un gioco spontaneo organizzato dai circoli di quartiere dove adesso ci guida il nostro Bernardo Iovene... (CONTINUA)

www.report.rai.it/2liv.asp?s=118



IL FOGLIO
febbraio 2001
"Formula Bingo"
Roma. "Le calde atmosfere familiari natalizie che migliaia di famiglie si apprestano a trascorrere nelle prossime festività, presto potranno essere vissute quotidianamente da milioni di persone". Detta così è detta fin troppo bene, ma è comprensibile e pure giusto, perché questa prosa un po' diabetica, questi toni fin troppo zuccherosi, appartengono all'ufficio stampa della società forse maggiormente agguerrita - senza sottovalutare il prurito alle mani e l'entusiasmo altrui - fra quelle interessate al più spettacolare business di questi anni. Il business è quello del Bingo. La società si chiama - appunto - Formula Bingo, nata e cresciuta nel recinto degli amici e dei collaboratori dell'ex presidente del Consiglio, Massimo D'Alema... (CONTINUA)

www.sosazzardo.it/notizie2001/_notizie01_formulabingo.htm
INES TABUSSO