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L'UNITA'
4 dicembre 2005
LA MAGNA CARTA DEL PRESIDENTE
ROBERTO COTRONEO a pag.1
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IL FOGLIO
14 dicembre 2005
Il partitino dei valori
Le idee importanti vivono di libertà, stanno strette in una corrente

Il presidente del Senato è preoccupato
per il suo futuro. Ha fatto sapere che
vorrebbe essere candidato come capolista
di Forza Italia in tutte le circoscrizioni
del Senato, a significare il suo forte
peso politico e intellettuale. Ambizione
legittima, questo perseguire un buon
profilo di carriera. Roberto Formigoni
nota da tempo una contraddizione tra il
suo ruolo di guida efficace della più ricca
e moderna regione italiana, la Lombardia,
e una evidente difficoltà a
proiettare sulla scena nazionale la propria
esperienza e un vasto blocco sociale
di sostegno. Un’altra ambizione legittima,
questa di uscire dai confini. Le due
personalità del centrodestra organizzano
da tempo convegni culturali, anche
pregevoli, con crescenti risvolti politici
sussurrati, lasciati filtrare, se non annunciati.
Sabato prossimo il tema è l’identità
occidentale, alla fine di gennaio
è in calendario a Roma una manifestazione
nazionale sull’educazione. Nulla
da dire. Libera dialettica, idee importanti
abbracciate con calore. E’ un progresso
da salutare con entusiasmo il passare
– anche subitaneo – da Popper a
Ratzinger, da qualche sbandata terzomondista
all’identità occidentale. Basta
comportarsi con stile. Basta sapere che
il posto di Dio nella vita pubblica e nel
confronto culturale non va confuso mai
con il posto in lista. Lo spirito come il
vento soffia dove vuole, la politica corre
sempre verso le elezioni.
Se il neosecolarismo ha dichiarato
guerra al pensiero libero e laico, affermando
un modello dominante di tipo relativista
nel teatro degli idoli contemporanei,
la risposta deve essere adeguata,
profonda, radicale, e soprattutto libera
da impacci e condizionamenti. Una pattuglia
di deputati e senatori può fare
molto, in nome proprio e secondo criteri
squisitamente politici, per dare un contributo
al discorso pubblico esausto del
centrodestra. Ma un partitino dei valori
o una corrente dei valori sarebbero, più
ancora che un’occasione sprecata, un fastidioso
ostacolo nella battaglia per impedire
che l’egemonia ideologicamente
corretta continui a formare élite e popolo
in Europa e in Italia. C’è bisogno di
giornali, riviste, fondazioni, comitati ad
hoc, manifesti, scuole, movimenti che
aspirino a una estesa influenza culturale,
politica e sociale sui temi decisivi del
tempo e sulla trasformazione in problema
(per tutti) del modo moderno e postmoderno
di vivere e pensare la vita. Più
che nuove compagini partitiche, o subpartiti
valoriali, occorre scompaginare i
significati svuotati e tradotti in luogo comune,
facendo irruzione liberalmente e
sensatamente nel campo avversario, cioè
nell’establishment che permea di sé, anche
del suo Sé più nullista, l’educazione,
la stampa, la televisione, le università, le
assemblee legislative, i governi, l’impresa.
E la Chiesa o le Chiese vanno stimolate
all’iniziativa autonoma, valutate e
valorizzate per il contributo possibile del
loro laicato, dei loro movimenti, e anche
del loro clero, alla sconfitta dell’esclusivismo
coltivato dalle potenze sociali che
pretendono il monopolio della laicità e
del moderno. Questo è un progetto politico
duraturo e serio, perché culturale,
mentre la messa all’incasso di quattro
moralità valoriali in una campagna elettorale
è altamente sconsigliabile. A tutti.


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www.magna-carta.it/
L’Uovo di Giornata
Il buco nero
16 dicembre 2005

L'editoriale con cui, il 14 dicembre, Giuliano Ferrara ha attaccato frontalmente Marcello Pera va analizzato con attenzione perché rivela molto della temperie intellettuale in cui versa il direttore de Il Foglio.

Che cosa rimprovera, ormai da tempo, Giuliano Ferrara al presidente del Senato? La risposta è semplice ed univoca: gli rimprovera di fare politica.

L'editoriale in questione è il disvelamento finale di una lunga serie di punzecchiamenti e di malevolenze orchestrate da Ferrara ovunque gliene venisse data occasione.

Non sappiamo se Pera abbia chiesto di essere il capolista di Forza Italia in tutte le circoscrizioni del Senato come gli viene rimproverato. Fosse vero non ci troveremmo nulla di strano. E' una delle figure di spicco di quel partito, ricopre più che degnamente la carica di Presidente del Senato e ci pare abbia anche qualcosa da dire all'elettorato di centro destra.

Ma non è questo il punto. Il fatto è che Pera, al contrario di Ferrara, fa politica e quindi compie i passi e le scelte necessarie per far vivere e magari prevalere le sue idee in quell'agone. Ferrara fa altro: un miscuglio di tante cose che sarebbe difficile definire e che con la politica hanno a che fare, ma la lambiscono, la bordeggiano. E quando vi si avvicina troppo, di solito fa danni.

Nel merito infatti non c'è nulla che Ferrara possa rimproverare a Pera. I due dicono cose talmente simili da essere, quasi ovunque, sovrapposte, sia nella critica che nell'apprezzamento. Dovrebbero essere i migliori alleati l'uno dell'altro. Invece Ferrara non fa che storcere il naso, pone questioni di stile come una zitella malcorteggiata: Pera dice cose giuste ma nel modo sbagliato, non soffre quando le dice, non ha il senso del tragico e del grandioso. Bisogna essere 'adeguati, profondi, radicali'. In una parola bisogna essere Ferrara.

Solo lui può dettare i modi e i tempi di una battaglia culturale di cui si è impancato unico paladino. Chiunque altro parli di Dio, di religione e di stato, di neosecolarismo e di laicismo, di identità e di relativismo, se non batte il tempo al ritmo del Foglio commette un' imperdonabile invasione di campo. Altro che stile, è la cara, vecchia egemonia ciò che preme a Ferrara, condita con un intruglio un po' bambinesco di gelosia e prepotenza.

D'altro canto solo i lettori del Foglio possono bersi la storia della mancanza di stile, sottoposti come sono alla totale censura su ciò che Pera fa o dice in prima persona e non nella macchietta a cui l'ha ridotto il direttore. Al punto che sono i soli a non conoscere il testo del messaggio che Benedetto XVI scrisse a Pera in occasione del convegno di Norcia. Unico scritto papale ignorato da un giornale che riporta integralmente ogni parola del pontefice in ogni possibile occasione.

Dice Ferrara che le grandi battaglie culturali si fanno con 'giornali, riviste, fondazioni, comitati ad hoc, manifesti, scuole...'. Ma solo i lettori del Foglio non sanno che è esattamente ciò che Pera sta facendo con la Fondazione Magna Carta, con le sue letture e conferenze in giro per il mondo, con il sito web della fondazione, con gli appelli per l'Università o per i morti di Nassiriya, con i convegni e le pubblicazioni. Certo non con un giornale, visto che l'unico che potrebbe dagli ascolto è diretto da qualcuno che litiga sui modi e trasforma una battaglia comune in una questione di cattivo vicinato.

Ferrara è a suo agio con gli avversari, meglio ancora con i nemici. Li maltratta con bonarietà, li vezzeggia, li blandisce, vizia il loro amor proprio. E' al contrario inabile con gli amici e con gli alleati a meno che ballino nella sua corte. Qui è allora tutto il suo gusto nell'irriderli e ciancicarli. Se Ferrara facesse politica capirebbe il senso di mettere in cassa comune i gruzzoli di idee e risorse di chi va sulla stessa strada. Basterebbe anche quel tanto che se ne fa dirigendo un giornale come il Foglio che con la politica vive in simbiosi.

Invece niente. Preferisce il buco nero del suo ego che per brillare di troppa luce si mangia pure quella.


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Tonache alterne
di Marco Travaglio
da "l’Unità" del 15 ottobre 2005

Da qualche tempo serpeggiava un certo allarme nel mondo del cabaret: che fine avrà fatto Marcello Pera? Le ultime notizie lo segnalavano dalle parti di New York, ribattezzata per l’occasione la Grande Pera , a spiegare agli americani il sistema più pratico per convertire islamici e meticci: «si fa come con i cannibali». Semplice, no? Come non averci pensato prima? Poi, pur richiestissimo nei principali programmi comici degli States, il lucido pensatore ha deciso di rientrare in patria, dove sembra incredibile ma è presidente del Senato: la seconda carica dello Stato, tanto per far capire il livello della terza e della quarta. Ma ormai anche Palazzo Madama gli va stretto: ora le cronache lo descrivono chino sulla prolusione che terrà oggi in quel di Norcia. Che ci fa Pera a Norcia? Non si crederà mica, oltreché di Popper, l’erede di San Benedetto? Una possibile risposta si trova nel sito www. norciaonline. it: «Il prosciutto di Norcia ha una forma caratteristica a “pera” un peso non inferiore a 8,5 kg e al taglio è compatto, di colore dal rosato al rosso. Ha un profumo tipico, speziato, e un sapore sapido, ma non salato». Al contadino non far sapere quant’è buono il prosciutto con la Pera. Ma la versione ufficiale parla di un convegno teo-con intitolato «Da Cesare a Dio». Dove Cesare, una volta tanto, non è Previti al quale si provvederà la prossima settimana.

Vista l’impazienza dei lettori, il Corsera ha anticipato alcune perle del discorso norcino, che sarà tutto incentrato sul Compendio del Catechismo di papa Ratzinger. «Sarebbe un errore ignorarlo», raccomanda. Poi - essendo un filosofo - pone un dilemma: il Catechismo deve o no «tradursi in legge politica?». Rispondendo di sì, si corre il «rischio grave del connubio fra trono e altare». Rispondendo no, si incappa in un «laicismo rigido e un po’ sorpassato». Il noto pensatore suggerisce dunque «una via mediana». Obbedire a Ruini un giorno sì e un giorno no. Si viaggia a tonache alterne.

Ma chi immaginava un Porompompera ormai perso nei pascoli celesti della teologia, ha sottovalutato il personaggio. Tipico esponente dell’«itala gente dalle molte vite», il nostro trova anche il tempo di scendere sulla terraferma per occuparsi delle prosaiche vicende della sua città, Lucca, con grande sollievo di Firenze, Siena, Arezzo, Grosseto e Massa Carrara. Avevamo già narrato il suo recente prodigarsi per la bretella della Viareggio-Modena, contro cui in un’altra vita si era battuto come un leone definendola «una barbarie degna di Attila». Ora si dà un gran da fare per un affare di gas. Se il Cavaliere è lanciatissimo sul gas russo, in collaborazione con gli amici Dell’Utri, Mentasti e Putin, il Genio di Lucca trova il tempo di raccomandare la pronta cessione della Gesam, l’azienda del gas cittadino, all’Enel. Così almeno giurava il sindaco forzista lucchese Pietro Fazzi, prima che l’apposito Sandro Bondi lo espellesse da Forza Italia per punirlo del grave oltraggio all’Illustre Concittadino. Noi naturalmente, dopo aver letto le ottime cronache di Valeria Giglioli, ci schieriamo ventre a terra con Porompompera e col Pallore Gonfiato, essendo francamente inammissibile mettere in dubbio le alte e spirituali motivazioni che hanno indotto il presidente del Senato a passare, senza soluzione di continuità, dal catechismo di Ratzinger all’azienda del gas. Sempre di materia eterea si tratta. Un po‘meno aleatorio è invece l’ufficetto che il nostro, secondo i maligni, si sarebbe fatto attrezzare presso la locale Prefettura per incontrare gli elettori durante le rare incursioni nel suo collegio elettorale. Ma è vergognoso che si vada a malignare su questi vili dettagli, visti gli enormi benefici che Lucca ha ricevuto da quando Pera viene scambiato per un filosofo, poi per un politico e infine per un teologo. Come ha scritto Caporale su Repubblica: «La città, dove da qualche giorno è terminato un convegno internazionale sullo Spirito Santo, ha ricevuto in dono, senza nemmeno avanzarne richiesta, quattro corsi di alta formazione post-universitaria e poi soldi per le nuove fognature e ogni altra possibile attenzione». Ora, passi per lo Spirito Santo, per i corsi di formazione, e per il gas, ma che il vicepapa, l’erede di Popper e di San Benedetto c’entri qualcosa anche con le fognature, non lo possiamo nemmeno immaginare. A meno che oggi, a Norcia, il noto pensatore non stupisca tutti ritoccando il titolo del convegno teo-con: «Da Cesare a Dio a Vespasiano».
INES TABUSSO