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16/11/2005
LA REPUBBLICA
L'UNIONE: "BASTA, CHIUDIAMO L'ARS" LO SCUDOCROCIATO: "SONO CASI ISOLATI"
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16/11/2005
IL RIFORMISTA
MAFIA FA SCHIFO, COL CONCORSO SI VA IN GALERA
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16/11/2005
LA REPUBBLICA
PROCESSO E VOTO, CUFFARO NEL GUADO
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16/11/2005
LA SICILIA
NANIA- «II CASO MESSINA METTE IN DISCUSSIONE CUFFARO»
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16/11/2005
GAZZETTA DEL SUD
ARRESTATO A TRAPANI IL DEPUTATO COSTA
LE "RELAZIONI PERICOLOSE" DELL'ON. COSTA
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11/16/2005
LA SICILIA
I DEPUTATI SONO NELLA BUFERA
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11/16/2005
GIORNALE DI SICILIA
«MA DA NOI I BOSS SONO SOLO SICILIANI»
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16/11/2005
GIORNALE DI SICILIA
PERCHÉ DOBBIAMO PARLARE DI MAFIA
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CORRIERE DELLA SERA
16 novembre, 2005
«Favori ai boss per i voti» In cella deputato regionale
Mafia, sotto accusa Davide Costa dell' Udc
Palermo, era pronto a ricandidarsi. Incastrato dalle intercettazioni
DAL NOSTRO INVIATO TRAPANI -

La mafia farebbe schifo anche ai potenti, compreso il presidente della Regione Totò Cuffaro, stando ai manifesti della sua campagna che stanno per essere affissi in ogni angolo della Sicilia. Ma, oltre le parole, a chiedere e fare favori a Cosa Nostra non tutti provano ribrezzo. Come sarebbe accaduto all' ennesimo deputato dell' Assemblea siciliana ieri finito in carcere per concorso in associazione mafiosa, Davide Costa, un rampante puledro della scuderia Udc, assessore nel governo Cuffaro fino alla scorsa primavera, quando dopo i primi interrogatori si dimise dalla carica, ma non dal seggio. Una scelta forzata, pur senza rinunciare alla politica, pronto per candidarsi di nuovo, fra marzo e aprile, all' Assemblea siciliana o a Montecitorio, felice di avere ottenuto il via libera direttamente dal «leader maximo» del partito, Pierferdinando Casini. Come lo stesso Costa annunciava soddisfatto alcuni mesi fa parlando con suo padre, ex deputato pure lui, riferendo degli «incontri romani», ignaro d' essere intercettato: «Ha passeggiato con me per un quarto d' ora e gliel' ho detto: "Tu sei il mio idolo e io sono il tuo pupillo"». Colloqui che fanno solo da sfondo ad una vicenda estranea al presidente della Camera, come sottolineano senza citarne il nome i magistrati titolari dell' inchiesta, Massimo Russo, Roberto Piscitello e Gaetano Paci, i pm della Direzione antimafia di Palermo convinti invece dei rapporti saldati nel tempo fra Costa e due boss di prima grandezza, Angelo Davide Mannirà e Natale Bonafede. Perno dell' inchiesta le dichiarazioni di alcuni pentiti e una marea di colloqui intercettati, trasformati in atti d' accusa grazie ai riscontri trovati dagli uomini di Giuseppe Linares, il capo della Mobile di Trapani che da anni lavora alle indagini sugli uomini di Cosa Nostra arruolati nella campagna elettorale per le regionali del 2001. Il suo lavoro ha già portato all' arresto di un altro deputato regionale dell' Udc, Onofrio Fratello, e dell' ex senatore socialista Pietro Pizzo. Nel 2001 Costa avrebbe promesso in cambio dei voti ai boss 100 milioni di vecchie lire. Cifra poi non pagata perché sarebbero maturati «favori» più consistenti. A cominciare dal recupero di oltre 150 mila euro a vantaggio di cugini, zii e nipoti dei due boss inseriti nella cooperativa agricola Agriturist, tutti beneficiari di un risanamento dei debiti col sospetto benestare di alcuni funzionari del Banco di Sicilia. Una vicenda che scuote in piani alti dell' istituto, visto che agli atti figura anche una conversazione tra Davide Costa e l' amministratore delegato del Banco, Cesare Caletti. Una raccomandazione. Come tante ne ha fatte l' ex assessore sistemando i parenti degli «amici». Frequentazioni delle quali non si vantava durante gli «incontri romani» riferiti al padre, preoccupato ma non troppo dell' indagine e degli interrogatori che lo costringevano a salire e scendere dal palazzo di giustizia di Palermo. Poi, volava a Roma e partecipava alla rivolta dei «quarantenni» dell' Udc contro lo stesso Cuffaro e il presidente della provincia di Catania Raffaele Lombardo, l' eurodeputato allora segretario regionale del partito, uscito in polemica con Follini e Casini. Incontri e conversazioni che facevano sentire Costa al centro del mondo: «Si è messo un quarto d' ora a passeggiare con me... a braccetto, per strada... Mi ha detto: "Hai fatto bene a dimetterti. Bisogna sempre avere rispetto delle istituzioni". E io ho risposto: "Si, ma sono il solo... perché ci sono altri che non lo hanno fatto"». E giù una risata registrata nel colloquio fra padre e figlio. Ironia rivolta a Cuffaro che, scrollata di dosso l' accusa di concorso in associazione mafiosa, è invece rimasto al suo posto, pur sotto processo per «favoreggiamento» alla mafia. La stessa mafia dei manifesti che proprio Cuffaro ha così tanto voluto. Quella che «fa schifo». Felice Cavallaro Cosa Nostra e la politica L' EX ASSESSORE Davide Costa, (Udc) è stato assessore alla presidenza del governo Cuffaro (nella foto il governatore presenta la campagna contro la mafia) fino a marzo 2005 quando, inquisito per concorso in associazione mafiosa, si è dimesso L' ACCUSA Secondo la magistratura Costa sarebbe stato aiutato da mafiosi di Marsala per essere eletto nel 2001 alla Regione Siciliana. In cambio avrebbe assicurato favori, specie al boss Bonafede. IL SOSTEGNO Per gli inquirenti Costa sarebbe stato disposto a pagare le cosche per ottenere il loro appoggio. Ma Cosa Nostra avrebbe rifiutato i soldi e lo avrebbe poi sostenuto lo stesso LE INDAGINI Le consultazioni sotto esame sono quelle del 2001. Costa avrebbe promesso ai mafiosi 100 milioni di lire in cambio di un pacchetto di voti
Felice Cavallaro



INES TABUSSO