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CORRIERE DELLA SERA
23 agosto 2005

LA RINUNCIA
«A Provenzano avevo detto: ritiriamoci Ora spero che segua il mio esempio...»
«Per arrestare il boss latitante sarei stato disposto a rimanere in servizio
ancora un po?»
l?Intervista

ROMA - Bernardo Provenzano, il capomafia latitante da oltre quarant?anni,
è praticamente coetaneo di Piero Luigi Vigna. Sono nati nello stesso anno,
1933, il boss sei mesi prima del magistrato. E Vigna, che spesso ha «consigliato»
a Provenzano di costituirsi «perché noi ci stiamo avvicinando, e penso che
lui faccia una vita squallida», una volta gli lanciò un appello: «Andiamo
in pensione insieme». Ora lei c?è andato davvero in pensione, dottor Vigna,
ma Provenzano è rimasto in servizio...
«Eh già, non mi ha dato retta. Ma ora io ho dato l?esempio, chissà...», ride
Vigna.
Le brucia aver lasciato la Procura antimafia senza averlo preso?
«Naturalmente la cattura di Provenzano non era un impegno diretto del mio
ufficio, ma certo mi avrebbe fatto piacere. Per arrestarlo sarei rimasto
in servizio ancora un po?».
Come mai la scelta di andare in pensione, anche se poteva restare in magistratura
altri tre anni?
«Perché con la riforma dell?ordinamento giudiziario non potevo più ricoprire
incarichi direttivi. La voglia di continuare a fare il magistrato che mi
trascino da quasi cinquant?anni mi aveva spinto a presentare domanda per
il posto di procuratore a Pistoia, un modo per stare vicino a Firenze. Ma
ora che non possono nominarmi, altre possibilità non mi interessavano. Meglio
la pensione, e la libertà di dedicarmi ad altro».
Insomma, anche lei vittima della norma anti-Caselli.
«Infatti. Quella norma era sicuramente contro Gian Carlo, ma anche contro
tanti altri magistrati ai quali mancano meno di quattro anni alla pensione».
Perché non ha accettato l?invito rivoltole da oltre 500 magistrati a rinunciare
alla proroga nella Superprocura?
«Perché mi sembrava un atto non riguardoso verso il Parlamento. E poi avrei
dovuto anticipare ancor più la pensione, e la situazione era in continuo
divenire».
Adesso potrebbero offrirle altri incarichi fuori dalla magistratura; si sente
una «riserva» dello Stato in panchina?
«Adesso penso più alle riserve di caccia», e ride di nuovo.
Che bilancio fa della sua esperienza alla Superprocura?
«Credo sia stata un?esperienza positiva sotto molti aspetti. E credo che
siamo andati al di là dei compiti assegnatici dalla legge, soprattutto in
due direzioni».
Quali?
«Da un lato l?impegno transnazionale, seguendo le orme della criminalità
che ormai non ha più confini, e firmando almeno 32 protocolli d?intesa con
le Procure di altrettanti Paesi. Dall?altro individuando nicchie di criminalità
che erano rimaste inesplorate: dagli appalti per le opere pubbliche al settore
agrario, fino alle ecomafie. Tutto questo ha dato grande visibilità all?ufficio,
e ha fatto sì che i nostri metodi di lavoro siano stati esportati anche in
Paesi dell?America Latina e dell?Africa, cosa molto importante perché da
lì passano i traffici di stupefacenti, di armi e di esseri umani».

Gio. Bia.




titolo
PIERO LUIGI VIGNA: INTERVISTA E BIOGRAFIA


testo
LA BIOGRAFIA
GIUSTIZIA & CARRIERE
LA STRAGE DEL 904
TERRORISMO, MAFIA E SEQUESTRI
LE BOMBE DI COSA NOSTRA
IL MOSTRO DI FIRENZE
IL RAPPORTO CON I PENTITI
Vigna in pensione, addio alla magistratura
IL CASO VIGNA

ROMA - Piero Luigi Vigna è andato in pensione, anche lui vittima della legge
anti-Caselli. Dall?inizio di agosto l?ormai ex procuratore nazionale antimafia
ha smesso di essere un magistrato in servizio, dopo otto anni passati alla
guida della Superprocura prolungati di qualche mese fra molte polemiche.
La proroga era il primo passo per impedire che al suo posto potesse andare
Gian Carlo Caselli; decisione per nulla scontata che sarebbe spettata al
Consiglio superiore della magistratura, ma nel dubbio governo e maggioranza
hanno lasciato Vigna oltre la scadenza naturale, fino al giorno in cui avrebbe
compiuto 72 anni. Cosa che è avvenuta l?1 agosto scorso. A quel punto, Vigna
avrebbe potuto continuare a indossare la toga per altri tre anni, fino a
compierne 75, scelta già fatta con apposita richiesta. Ma ora ha rinunciato,
perché la seconda parte della manovra anti-Caselli vieta per legge, a lui
come a tutti i magistrati con oltre 66 anni d?età, di assumere nuovi incarichi
direttivi. In assenza di altre proposte «extra-giudiziarie», per esempio
del governo, sarebbe dovuto tornare a fare il sostituto procuratore da qualche
parte. «Ma dopo questa esperienza, sinceramente, non me la sento», ha spiegato
ai sostituti dell?Antimafia che l?hanno festeggiato prima delle ferie: una
cena per un addio celebrato con un regalo in argento che raffigura i simboli
dell?amministrazione della giustizia. È finita così una carriera cominciata
in una pretura della campagna toscana nel lontano 1959, che ha fatto di Vigna
uno dei simboli della magistratura italiana degli ultimi decenni. Quasi sempre
dalla parte della pubblica accusa, e quasi sempre a Firenze dove Vigna -
nato a 33 chilometri di distanza, a Borgo San Lorenzo - è stato prima sostituto
procuratore, poi procuratore aggiunto e infine procuratore. Qui, alla fine
degli anni Settanta, ha cominciato a occuparsi di terrorismo, e insieme agli
inquirenti di altre città (tra cui proprio Caselli) avviò una collaborazione
giudiziaria spontanea per coordinare le varie indagini. Seguendo quell?esempio
nacque a Palermo il pool di Falcone e Borsellino che mise in piedi il maxiprocesso.

Erano gli anni Ottanta e Vigna, sempre da Firenze, aveva già incontrato la
mafia. Accadde nell?inchiesta sulla strage del 23 dicembre 1984, la bomba
sul rapido 904 che uccise 15 persone e ne ferì 300. Vigna condusse un?inchiesta
che portò all?accertamento delle responsabilità di Cosa nostra in quell?attentato,
mentre proseguiva le indagini sul «mostro» che uccideva le coppiette sulle
colline intorno a Firenze: imboccò la pista che portò a Pietro Pacciani,
morto dopo alterne sentenze e prima che arrivasse un giudizio definitivo.
E con l?attentato del 27 maggio ?93 in via dei Georgofili, a Firenze, 5 morti
e 41 feriti, Piero Luigi Vigna tornò a incrociare Cosa nostra, fino a ottenere
le condanne di esecutori e mandanti. Tre anni dopo, nel 1996, all?uscita
da un interrogatorio del boss Giovanni Brusca che aveva cominciato a «pentirsi»
chiarì qualcosa di ciò che il capomafia stava dicendo. Per quell?intervista
finì sotto procedimento disciplinare e il Csm «condannò» Vigna con un ammonimento.
Ma il magistrato - nel frattempo nominato superprocuratore antimafia - non
si arrese, fece ricorso e lo vinse, lasciando intonsa la sua «fedina» disciplinare.
Dalla «centrale di coordinamento» delle inchieste sulle cosche Vigna ne ha
viste e provate tante. Compresi i colloqui investigativi con boss del calibro
di Pietro Aglieri, che voleva «dissociarsi» da Cosa nostra. Ne venne fuori
una polemica sulle presunte trattative, ma il superprocuratore tagliò corto
dicendo che «la parola trattare mi fa schifo». E di dissociazione non s?è
più parlato.
La scadenza naturale del mandato (il secondo) sarebbe stata a dicembre 2004,
ma il governo Berlusconi ha varato una proroga per dare il tempo alla sua
maggioranza di approvare la norma anti-Caselli. È stato allora che oltre
500 magistrati tra i più autorevoli e di tutte le correnti gli scrissero
una lettera aperta invitandolo a rinunciare per non prestarsi alla manovra
politica. Lui però è rimasto al suo posto, «perché sono un magistrato e devo
solo applicare la legge». Nelle ultime settimane, a luglio, s?è ipotizzata
un?ulteriore proroga nel caso fosse stata istituita una sezione antiterrorismo
della stessa Superprocura, vecchia idea di Vigna più volte da lui riproposta.
Ma quando gliel?hanno prospettata il magistrato ha risposto, forse anche
un po? infastidito «Ormai è tardi». E s?è sfilato la toga.

L?incontro con la mafia
Vigna comincia a occuparsi di mafia nel 1984, in occasione della strage sul
rapido 904. Nell?attentato del 23 dicembre, sul treno Napoli-Milano (foto)
, morirono 15 persone
Gli attentati del 1993
Il 27 maggio 1993 Firenze viene colpita da un attentato (foto) . Nello stesso
periodo vengono trovate autobombe mafiose a Milano e Napoli. Vigna troverà
esecutori e mandanti
L?accusa a Pacciani
Nel novembre 1993, a 25 anni dal primo delitto, Vigna accusa Pietro Pacciani
(foto) di essere il mostro di Firenze. L?ex agricoltore morirà, dopo alterne
sentenze, prima del giudizio definitivo
Brusca collabora

Da procuratore di Firenze, Vigna raccoglie le indicazioni del boss mafioso
Giovanni Brusca, arrestato il 21 maggio 1996 (foto). Qualche mese dopo, Vigna
diventa procuratore antimafia
Piero Luigi Vigna è nato l?1 agosto 1933 a Borgo San Lorenzo (Firenze). Ha
cominciato la carriera come pretore nel ?59. Si è occupato, tra l?altro,
della strage del 904, di terrorismo rosso, delle bombe mafiose del ?93, del
mostro di Firenze. Rimane famosa la sua «linea dura» nel sequestro Belardinelli.
Superprocuratore antimafia dal ?96
Giovanni Bianconi

INES TABUSSO