*Arya entra in Cattedrale, verso sera inoltrata. Indossa una tunica color ocra lunga fino alle ginocchia, sopra dei pantaloni da allenamento. La spada è al fianco come sempre. Fuori dalle grandi finestre, una luna appena presente lascia spazio ad un cielo pieno di stelle: esse brillano quasi più intensamente del solito, obliando la luce della flebile falce.
Arrivata all’altare maggiore l’elfa si inginocchia: dopo un breve inchino, lo oltrepassa per recarsi verso gli altari dei Guardiani. Su di essi accende dell'incenso, fermandosi per un pò in silenziosa preghiera. Per ultimo, si reca da Septim; arrivata al suo cospetto porge un saluto militare, per poi inginocchiarsi. Quando si rialza, accende con calma le candele e l’incenso davanti a se: brilla adesso quell’altare di luce calda ed accogliente, nella grande Cattedrale. Si inginocchia di nuovo, a capo chino*
Divino Septim, Sovrano Celeste e Protettore dei Popoli
inspira sempre in me l’ardore di proteggere chi è più debole,
e di punire i nemici che ostacolano la tua Giustizia.
Donami la lucidità di dare giusto consiglio,
e rendimi degna di portare al mondo la Tua parola.
Con la mia fede in Te,
prego che io possa adempiere al tuo volere,
e prego di poter udire sempre più chiaramente la tua voce
che mi accompagna per la via della mia vita,
che mi aiuta a comprendere la verità,
e che mi guida fuori dalle tenebre.
Divino Septim…
*alza il viso ed il bagliore delle candele tinge di fuoco i suoi occhi scuri, che lentamente si spostano verso la statua del Dio. La sua espressione cambia, mentre si volge a guardare la statua, come se fosse in preda ad un profondo conflitto interiore. Poi dice lentamente*
...non abbandonarmi mai.
*il suo viso sembra rasserenarsi nella pace e nel silenzio del luogo sacro, al cospetto del Dio. Da sotto la tunica estrae un libro di pelle, dalle pagine ingiallite: lo apre laddove vi aveva apportato un segno. Vi sono sopra alcune righe, vergate in nero con scrittura elegante. Arya legge quelle tra parentesi, con voce chiara*
‘‘...difendimi dalle forze contrarie,
la notte, nel sonno, quando non sono cosciente,
quando il mio percorso si fa incerto.
E non abbandonarmi mai,
Non mi abbandonare mai.
Perché le gioie del più profondo affetto
o dei più lievi anditi del cuore
sono solo l'ombra della luce.
E non abbandonarmi mai...
Non mi abbandonare mai.
Perché la pace che ho sentito in certi monasteri,
o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa,
sono solo l'ombra della luce.’’
*finisce di leggere, chiudendo il libro davanti a se. Poi il suo viso si volge nuovamente verso la raffigurazione del Dio: l’elfa prosegue con voce ferma*
Sommo Septim,
affido alla tua volontà il mio Destino,
quello che Tu hai scelto per me:
la mia fede in te non ha ostacoli.
Ti chiedo di darmi la forza
di comprendere le Tue parole:
Rendimi partecipe di ciò che vuoi che sia.
Affido alla tua benevolenza una nuova vita,
che possa essere sempre sotto la tua protezione.
Veglia sul tuo Popolo e su tutti noi,
rendici forti nei i tempi che verranno.
Rendici capaci di portare giustizia su questa terra.
Che sia sempre fatta la tua volontà,
quella dei Divini Guardiani
e di tutti gli Dei Luminosi.
Che sia così.
*rimane in ginocchio a capo chino in profonda preghiera per un pò.
Si alza porgendo un saluto militare, e rimanendo per alcuni minuti al cospetto della statua: lascia le candele accese. Sull’altare del Dio è ancora presente il convolvolo di boccioli neri che lei stessa aveva lasciato lì tempo prima: essi sono chiusi, mostrando il nero esterno alla loro crepuscolare corolla.
Si avvia poi verso uno dei primi banchi della Cattedrale, dove si trova uno scrittoio con alcune candele sopra. L’elfa le accende e si siede, aprendo il libro sullo scrittoio; lo sfoglia, fino ad arrivare ad una pagina vuota. Prende da una delle tasche una penna, e la srotola dalla benda che ha usato per proteggerla, poi la intinge nell’inchiostro nero che è già presente sullo scrittoio: inizia a scrivere.
Dopo lungo tempo la sua mano si ferma: i suoi occhi sono fissi sull’ultima frase che ha scritto. Arya sorride dolcemente nella penombra delle candele consumate. Poi ritorna alla sua solita espressione sobria, mentre si alza e sistema piano le sue cose.
Si inchina un'ultima volta davanti all’altare maggiore, ed esce poi in silenzio dalla Cattedrale*