Questa é la recensione di excite musica
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Voto: 5-
Brani migliori: Finest Hour – Still Breathing
Non fate quelle facce: è l’evento mediatico-discografico di quest’autunno, ed ignorarlo è impossibile. Impresa quasi altrettanto ardua è provare a recensire questo Astronaut isolando le dodici canzoni del cd dal baraccone pubblicitario che si abbatterà sul pianeta tra qualche giorno, all’uscita ufficiale del disco.
Proviamoci.
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E’ sin troppo ovvio ricordare che se non fosse per l’ondata di revival anniottànta che da un paio d’anni rende cool tutto quello che puzza di sintetico, difficilmente i cinque di Birmingham (tornati, come ormai sanno anche i muri, alla loro line-up originaria) avrebbero avuto a disposizione così tanti contanti, dietologi e copertine per una loro uscita. Basti ricordare come solo quattro anni fa l’ultimo album in studio della band, Pop Trash (e mai titolo fu più adatto) passò, per loro fortuna, praticamente inosservato.
Tuttavia il revival di cui sopra ha per i nostri anche un rovescio della medaglia non indifferente: il fatto che le nuove band che si ispirano in generale a quel periodo (Franz Ferdinand, Interpol, The Rapture) o che a molti ricordano proprio gli stessi Duran (The Killers) hanno negli ultimi due anni fatto uscire dei lavori al cui confronto questo Astronaut diventa microscopico.
Astronaut, a dispetto del suo titolo, è un disco che non decolla praticamente mai. Ci hanno anche provato a mettere come prima traccia il singolo di lancio (Reach Out For The) Sunrise, ma la canzone parla da sè: debole e scontata, pallida copia dei bei tempi andati. E se il primo singolo dà questa impressione, potete benissimo figurarvi il resto.
Si va avanti canzone dopo canzone con la remota speranza che la prossima sia meglio, speranza che va a sbattere contro una serie di motivi insipidi, con il vuoto lasciato da Warren Cuccurullo (sacrificato sull’altare dell’amarcord) che piano piano diventa una voragine, e con la voce di Simon Le Bon che di brano in brano galleggia stanca e sempre uguale a se stessa.
Gli unici due episodi al di sopra della desolante media arrivano dopo una mezz’ora buona, rispettivamente alla traccia 8 e alla 12: una semplice ed elegantissima Finest Hour che sembra arrivare dritta dritta da Notorious, e la finale e cupa Still Breathing (quando si dice l'ironia dei titoli… tra i quali troviamo anche una malaugurante Point Of No Return) in cui Le Bon e soprattutto Andy Taylor alla chitarra, con un arpeggio darkeggiante semplice ma efficace, escono finalmente fuori dall’anonimato.
La nostalgica speranza di sentire finalmente un seguito degno del gioiellino pop Wedding Album del ’93 (ultimo episiodio della storia dei Duran degno di nota) sotto sotto c’era tutta, e vederli ancora in giro, ammettiamolo, in fondo fa ancora piacere a tanti, ma l’atteso miracolo non c’è stato.
A dirla tutta, non è stato nemmeno lontanamente sfiorato.
Antonio Casillo
che dire?cosa ne pensate?