La locomotiva

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Arapo
00mercoledì 23 ottobre 2002 12:04

Non so che viso avesse, neppure come si chiamava,
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava,
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli,
ma nella fantasia ho l'immagine sua: gli eroi sono tutti giovani e belli.
Conosco invece l'epoca dei fatti, qual era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere.
I tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti:
sembrava il treno anch'esso un mito di progresso, lanciato sopra i continenti.
E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano,
che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano:
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite,
sembrava avesse dentro un potere tremendo, la stessa forza della dinamite.
Ma un'altra grande forza spiegava allora le sue ali:
parole che dicevano "gli uomini sono tutti uguali",
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria, e illuminava l'aria la fiaccola dell'anarchia.
Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione:
un treno di lusso, lontana destinazione.
Vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno della sua gente attorno, pensava un treno pieno di signori.
Non so che cosa accadde, perché prese la decisione.
Forse una rabbia antica, generazioni senza nome
che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore,
dimenticò pietà, scordò la sua bontà, la bomba sua la macchina a vapore.
E sul binario stava la locomotiva:
la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva,
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli d'acciaio, con forza cieca di baleno.
E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo,
pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto:
salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura,
e prima di pensare a quel che stava a fare, il mostro divorava la pianura.
Correva l'altro treno ignaro, quasi senza fretta:
nessuno immaginava di andare verso la vendetta.
Ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
"Notizia di emergenza, agite con urgenza, un pazzo si è lanciato contro il treno!"
Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva,
e sibila il vapore, sembra quasi cosa viva,
e sembra dire ai contadini curvi, il fischio che si spande in aria:
"Fratello non temere, ché corro al mio dovere! Trionfi la giustizia proletaria!"
E intanto corre corre corre sempre più forte,
e corre, corre, corre, corre verso la morte,
e niente ormai può trattenere l'immensa forza distruttrice,
aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto della grande consolatrice.
La storia ci racconta come finì la corsa:
la macchina deviata lungo una linea morta.
Con l'ultimo suo grido d'animale la macchina eruttò lapilli e lava,
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo, lo raccolsero che ancora respirava.
Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore,
mentre fa correr via la macchina a vapore,
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva come una cosa viva, lanciata a bomba contro l'ingiustizia!

[SM=x91127]
Matilda
00mercoledì 23 ottobre 2002 14:11
Quanto l'ho suonata e cantata...
Questa canzone di Guccini mi ha fatto tornare indietro negli anni...e precisamente mi sono rivista ragazzina con la mia chitarra a suonare e cantare in compagnia! Ah, quanto tempo è passato...quasi quasi mi commuovo!
Questa canzone la conosco a memoria. E poi anche quell'altra...come si intitola, non mi ricordo più, faceva"Viene gennaio silenzioso e lieve, un fiume addormentato, tra le cui rive giace come neve il mio corpo malato, il mio corpo malato...". L'hai presente?
Quanti ricordi...e poi DeGregori, DeAndrè. gli IntiIllimani.."Run run se fue pal norte, no se cuando vendrà.."


Arapo
00mercoledì 23 ottobre 2002 15:05
Re: Quanto l'ho suonata e cantata...

Scritto da: Matilda 23/10/2002 15:11
Questa canzone di Guccini mi ha fatto tornare indietro negli anni...e precisamente mi sono rivista ragazzina con la mia chitarra a suonare e cantare in compagnia! Ah, quanto tempo è passato...quasi quasi mi commuovo!
Questa canzone la conosco a memoria. E poi anche quell'altra...come si intitola, non mi ricordo più, faceva"Viene gennaio silenzioso e lieve, un fiume addormentato, tra le cui rive giace come neve il mio corpo malato, il mio corpo malato...". L'hai presente?
Quanti ricordi...e poi DeGregori, DeAndrè. gli IntiIllimani.."Run run se fue pal norte, no se cuando vendrà.."





CANZONE DEI DODICI MESI

Viene Gennaio silenzioso e lieve, un fiume addormentato
fra le cui rive giace come neve il mio corpo malato.
Sono distese lungo la pianura bianche file di campi,
son come amanti dopo l'avventura neri alberi stanchi.
Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino ma nei convitti e in piazza
lascia i dolori e vesti da Arlecchino, il carnevale impazza.
L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore appare la speranza:
nei primi giorni di malato sole la primavera danza.
Cantando Marzo porta le sue piogge, la nebbia squarcia il velo,
porta la neve sciolta nelle rogge il riso del disgelo.
Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta la penitenza vana,
l'ala del tempo batte troppo in fretta, la guardi, è già lontana.
O giorni, o mesi che andate sempre via;
sempre simile a voi è questa vita mia;
diverso tutti gli anni ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare.
Con giorni lunghi al sonno dedicati il dolce Aprile viene:
quali segreti scoprì in te il poeta che ti chiamò crudele?
Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi, dopo fatto l'amore,
come la terra dorme nella notte dopo un giorno di sole.
Ben venga Maggio e il gonfalone amico, ben venga primavera,
il nuovo amore getti via l'antico nell'ombra della sera.
Ben venga Maggio, ben venga la rosa, che è dei poeti il fiore:
mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore.
Giugno, che sei maturità dell'anno, di te ringrazio Dio
in un tuo giorno, sotto al sole caldo ci sono nato io.
E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro:
con le tue spighe doni all'uomo il pane, alle femmine l'oro.
O giorni...
Con giorni lunghi di colori chiari ecco Luglio il leone:
riposa e bevi, e il mondo attorno appare come in una visione.
Non si lavora Agosto, nelle stanche tue lunghe oziose ore,
mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore.
Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull'età,
dopo l'estate porti il dono usato della perplessità.
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità:
come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità.
Non so se tutti hanno capito, Ottobre, la tua grande bellezza:
nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza.
Lungo i miei monti, come uccelli tristi fuggono nubi pazze;
lungo i miei monti colorati in rame fumano nubi basse.
O giorni...
Cala Novembre, e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti:
lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti.
Cade la pioggia, ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada,
te pure, un giorno, cambierà la sorte in fango della strada.
E mi addormento come in un letargo, Dicembre, alle tue porte,
lungo i tuoi giorni con la mente spargo tristi semi di morte.
Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre
ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre.
O giorni...

* * * * *

Chitarra da ragazzi, Guccini ... De Gregori e ....

non mi toccate De Andrè e ... gli Indi Illimani: dei miti.

Questa è in un cd visto e comprato un paio d'ore fa in autogrill (Radici)

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