In giro per Minsk!!

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cane...sciolto
00giovedì 4 maggio 2006 21:40
Vince la fame di sicurezza.
Al riparo dalle inquietitudini del mercato, la dittatura promette ordine e stabilità. E concquista consensi.

A tutti i paladini della globalizzazione come me consiglierei un breve viaggio a Minsk. Sì, proprio la capitale della Bielorussia, l'ultimo baluardo veramente sovietico del mondo post-sovietico, dove la statua di Lenin è ancora in piedi, dove l' 80% delle imprese è di proprietà dello Stato e dove i negozi devono vendere in maggioranza prodotti nazionali. Il Paese su cui regna con il suo ridicolo riporto e terribile pugno di ferro il presidente autocrate Alexander Lukashenko, vincitore con l' 83% di preferenze delle elezioni presidenziali di marzo, da tutti riconosciute come truccate. Minsk è grigia e gli unici colori che si vedono nel tragitto su una superstrada semideserta tra l'aereoporto e la città sono i cartelli stradali e le corone dei fiori nei ciniteri. Ma è anche ordinata e pulita con i suoi lunghi viali di palazzoni staliniani. Camminando in questa città mi viene in mente la mia professoressa di lettere del liceo, un'anziana socialista che ci portò in gita scolastica a Praga nel 1976 e il cui commento continuo ed entusiasta era: "che pulizia, che ordine...". Perchè? Cos'ha Minsk di particolare?
Ecco, è una città senza mercato. O meglio, una citta senza il mercato come lo conosciamo noi. Unica concessione all'Occidente: quattro ristoranti McDonald's e e un'insegna "Xerox" sulla cima di un grattacielo. Per il resto, pochi cartelloni con vecchi generali con la faccia rassicurante o qualche prodotto oscuro di cui né voi né io abbiamo mai sentito parlare. E per le strade le vetrine non sono sfolgoranti, ma un pò opache, nascoste. Eppure, se guardate bene dentro i negozi gli scaffali rigurgitano di merci colorate. Nei grandi magazzini trovate file e file di tutti quelli oggetti che da noi regnavano quarant'anni fa: scaffali di quaderni, casalinghi di plastica e ferro, mutande dai colori impossibili e poi fiori di plastica, servizi di piatti e tazzine, cosmetici, dentifrici con la marca in cirillico e, se siete fortunati, un tubetto di Colgate. Bene, questo viaggio in com'era il mercato prima della globalizzazione, quando lo Stato diceva ancora la sua e le barriere commerciali erano degne del proprio nome; in questa città pigra, non aggressiva dove i Suv si contavano sulla dita di una mano, i mendicanti sono pochi, non c'è corsa a consumare e più o meno tutti sono uguali, è maledettamente rassicurante. Nè tragico, nè troppo triste.
Allora, cari liberomercatisti, che dobbiamo pensare? Dobbiamo ricordarci di guardare oltre: questa apparente stabilità non è sostenibile ed è sospesa su una bolla di gas e petrolio che può scoppiare da un momento all'altro. Il Paese sta in piedi grazie ai margini che riesce a fare sul gas e il petrolio greggio che importa sottocosto dalla Russia e il petrolio raffinato che vende a un prezzo di mercato in Occidente. Questo sussidio è la linfa con cui la Russia tiene in piedi il Paese e il regime ed è sufficiente a mantenere una industria pubblica fallimentare, un'agricoltura con terre di proprietà collettiva e un bilancio dello Stato relativamente in equilibrio, nonostante l'aumento di pensioni e stipendi statali. Non solo, ma ha anche permesso al prodotto interno lordo reale di crescere del 9,2% nel 2005, con un tasso ufficiale di disocupazione intorno all' 1,5%.
Insomma, se le altre ex repubbliche sovietiche arrancano nell'economia di mercato, la Bielorussia apparentemente prospera dietro le barriere imposte dal suo despota. Apparentemente, appunto, perchè la prosperità non è sostenibile, i giovani non hanno prospettive e si lamentano e le statistiche ufficiali sono in realtà poco credibili. Eppure, questa grande illusione rassicura molti bielorussi. La tranquillità, la sicurezza, i mercati offuscati e controllati spiegano perchè in fondo Lukashenko, anche se non truccasse il voto, vincerebbe comunque le elezioni. E perchè in nome di questa certezza molte persone siano disposte a rinunciare ai maggiori diritti civili di cui godono i loro vicini polacchi o ucraini. E per quanto riguarda noi, certo il negozio di casalinghi sotto casa cè lo siamo dimenticato. Ma ogni tanto e soprattutto noi che predichiamo e giustamente la globalizzazione, dovremmo ricordarlo e pensare a quanta inquietitudine possa creare l'inevitabile e necessaria diffusione del mercato. Come dicono gli inglesi, anche la Bielorussia con tutto il suo lindo grigiore è "cibo per pensare".

di Giorgio Barba Navaretti, Dal "Domenicale" del Sole24ore, 30 aprile 2006

Non so voi, ma a me, questo articolo mi mette una tristezza, scegliere una dittatura, per la paura del domani, è veramente una cosa triste... [SM=x278643] [SM=x278644] [SM=x278643]
Lux-86
00giovedì 4 maggio 2006 23:01
la situazione della bielorussa è paradossale, o magari interessante a seconda dei punti di vista.

come ti ho già detto secondo me lo spirito di democrazia si afferma solo quando c'è il desiderio e la consapovolezza di poter migliorare le proprie condizioni: probabilmente in bielorussia sono spaventati dall'idea di passare al sistema del libero mercato.
=Ferdinand=
00sabato 6 maggio 2006 15:29
Re:

Scritto da: cane...sciolto 04/05/2006 21.40


Non so voi, ma a me, questo articolo mi mette una tristezza, scegliere una dittatura, per la paura del domani, è veramente una cosa triste... [SM=x278643] [SM=x278644] [SM=x278643]



Più che altro direi che la scelta è tra l'essere il fantoccio di uno stato straniero con la pagnotta assicurata piuttosto che avere una incerta libertà


Il Paese sta in piedi grazie ai margini che riesce a fare sul gas e il petrolio greggio che importa sottocosto dalla Russia e il petrolio raffinato che vende a un prezzo di mercato in Occidente. Questo sussidio è la linfa con cui la Russia tiene in piedi il Paese e il regime ed è sufficiente a mantenere una industria pubblica fallimentare, un'agricoltura con terre di proprietà collettiva e un bilancio dello Stato relativamente in equilibrio, nonostante l'aumento di pensioni e stipendi statali.




l'ultimo baluardo veramente sovietico del mondo


Credo che ad un comunista quest'affermazione gli debba dare un po' fastidio [SM=x278632]

Francia o Spagna, l'importante è che se magna [SM=x278649]
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