fonte: L'ARENA
link:
http://www.larena.it/ultima/oggi/spettacoli/A.htm
LeBon è partito alla grande "tenendo" per un’ora poi la voce è calata e se l’è cavata con mestiere coinvolgendo il pubblico. Nei bis ha cercato invano una ragazza che parlasse inglese
Dodicimila in delirio per i Duran Duran
Una scaletta "micidiale", successo dopo successo, capace di coinvolgere anche i meno convinti
Verona. I Duran Duran fanno esplodere il pubblico di trentenni dell'Arena ma durano appena un'ora. Il primo concerto italiano in assoluto della formazione classica a 5 (Simon LeBon, Nick Rhodes e i tre Taylor) è un successo di pubblico (oltre 12.000 i presenti all'anfiteatro) ma lascia qualche perplessità sulla tenuta del leader del gruppo pop inglese. Non dal punto di vista atletico, intendiamoci: Simon è uno sportivo e corre per le due ore del concerto con una forma invidiabile per un over 40.
È la voce a mostrare qualche incertezza, e meno male che i Duran hanno una scaletta infarcita di pezzi "killer" anni Ottanta, roba da lasciare stecchiti anche quelli che non rimpiangono né quegli anni né i trionfi di questa band.
Il concerto inizia con "Sunrise", cioè "la musica dello spot dei telefonini", come precisa un ragazzo vicino a noi, solo sfiorato - anagraficamente parlando - dalla Duranmania ma "massacrato" come tutti dallo spot in questione e presente anche lui in Arena per divertirsi e ballare. Lo scopo dello show dei Duran è chiaro fin dalle prime battute: divertimento e ballo, con le hit di un’epoca passata che è tornata di moda e forse è già demodé «Ciao a tutti! Questa è un'occasione speciale», dice Simon in italiano, leggendo da un foglietto scritto apposta (scommettiamo che se lo terrà stretto per tutta la durata del tour italiano?). poi chiede: «Siete affamati?» e usa la frase per introdurre "Hungry like the wolf".
Cantano tutti il ritornello e noi, pensando al testo, ci accorgiamo (ascoltando pure le successive "Planet earth" e "Union of the snake") di quanto esotiche, strane e bizzarre suonino ancora oggi le canzoni del quintetto di Birmingham. Il confronto con i nuovi brani è penalizzante e basta "Astronaut", quella che dà il titolo all'album pubblicato lo scorso autunno, a farlo capire anche al pubblico che però balla e si diverte.
"I don't want your love" fa pensare per la sua vicinanza sonora ai Massive Attack e ai Depeche Mode (in realtà i Duran sono arrivati a quel sound prima di quelle band inglesi e dunque...)
Merito anche della voce della corista Anna Ross, sempre più presente per sorreggere Simon. Prima di "What happens tomorrow" Simon racconta: «È una canzone che abbiamo scritto un paio d'anni fa, quando cadevano le bombe su Baghdad. L'abbiamo fatto per dare un po' di speranza.»
Non sappiamo quali siano state le reazioni degli iracheni ma in Arena ieri sera la canzone è stata accolta bene; una fan ha addirittura lanciato un mazzo di fiori sul palco. Altra bizzarria sonora per "The reflex" e primo accenno alla discomusic con l'inserto di "I feel love" di Donna Summer in "Sound of thunder" (più avanti prenderanno in prestito un ritornello strafamoso delle Sisters Sledge).
« Se avete ancora gas negli accendini, create delle stelle per noi Duran Duran» chiede Simon prima di consegnare al pubblico "Save a prayer", la canzone più amata in Arena insieme a "Wild boys". Nick Rhodes, autore del brano, scuote felice la chioma bionda tagliata a caschetto.
Nei bis, durante la presentazione della band, un afono Simon si aggira tra la folla ai lati del palco in cerca di una ragazza che annunci il suo nome, in inglese però. Dopo qualche tentativo a vuoto si leva una voce che, con cadenza italica, dice "Simon LeBon, the best singer in the world".
Uno spettacolo pieno di energia, una cornice degna ma non credete ai fan!
Giulio Brusati
Vorrei commentare brevemente questo articolo, anche alla luce della feroce (ma giustaifricata) replica di Serious
Io lo trovo un articolo onesto, fin dalla sua apertura e dall'ammissione del giornalista che dice:
"Una scaletta "micidiale", successo dopo successo, capace di coinvolgere anche i meno convinti"
Sta parlando di se, il giornalista in questione: era venuto all'Arena per cercare un motivo qualsiasi per essere critico nei confronti dei DD (e giustamente, direi, visto che è il suo lavoro...) e invece alla fine ha dovuto ammettere di essere stato conquistato.
In fondo le poche critiche che mette in campo
"
...lascia qualche perplessità sulla tenuta del leader del gruppo pop inglese",
"
È la voce a mostrare qualche incertezza...",
"
Il confronto con i nuovi brani è penalizzante..."
non sono campate in area e sono tutto sommato condivisibili.
Al limite sono ingenerose nei confronti di un cantante quarantacinquenne che ha letteralmente sputato l'anima correndo come un forsennato, trasformando l'aria in energia, anche a scapito di un po' di voce (non certo dell'intonatura, però: nemmeno una stecchina piccola così, ho sentito io, e con tutti quegli urli e salti è stato davvero encomiabile). Ecco al giornalista vorrei chiedere se ha mai visto, nella sua carriera di critico rock, qualche 45enne spendersi come ha fatto Simon ieri sera. Non credo proprio...
L'unica "bastardata" se vogliamo. è una frase buttata lì a caso "...
ma durano appena un'ora", che può essere male interpretata ("hanno suonato solo per un ora?" potrebbe chiedersi un lettore distratto...) e soprattutto non veritiera: nessuno dei brani della seconda parte del concerto è stata penalizzata dalla voce di Simon...
C'è da dire, invece, che le sue aperture positive sono di rilevante importanza:
- "
...meno male che i Duran hanno una scaletta infarcita di pezzi "killer" anni Ottanta, roba da lasciare stecchiti anche quelli che non rimpiangono né quegli anni né i trionfi di questa band."
Cazzo, questo si che il giusto riconoscimento per i Duran Duran. In sostanza, dice il gionalista, coi Duran Duran
ha vinto la musica, che si è mantenuta fresca, emozionante e vitale dopo tutto questo tempo, alla faccia dei detrattori sia degli anni 80 che del "fenomeno" Duran Duran. Bella storia!
- "
I don't want your love fa pensare per la sua vicinanza sonora ai Massive Attack e ai Depeche Mode (in realtà i Duran sono arrivati a quel sound prima di quelle band inglesi e dunque...) .
Dunque il giornalista conosce il suo mestiere, ed è persino competente, riconoscendo i meriti musicali di una band che ha "aperto la strada" a tante altre band ben più venerate e celebrate dai critici, e che invece proprio nei confronti dei Duran Duran sono in debito di riconoscenza.
Nel finale, però, ecco uno spiacevole scivolone, uno strano e incomprensibile commento del giornalista che dice: "
Uno spettacolo pieno di energia, (vero)
una cornice degna (verissimo)...
ma non credete ai fan!
E questo che cazzo vuol dire? che i fan parleranno di un concerto straordinario e i lettori non ci devono credere? ma se l'hai appena detto tu!!! Mah... Caro Giulio Brusati, mi sa che quello che è arrivato col fiatone alla fine di questo pezzo sei stato poprio tu, e alla fine è a te che è scappata una "stecca" , non certo a Simon!!!